Frosinone, detenuto napoletano spara in carcere a 3 compagni di cella

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Un 28enne detenuto napoletano, nell’area di alta sicurezza del penitenziario di Frosinone, ha sparato in carcere contro tre compagni di cella dopo che nei giorni scorsi era stato minacciato e picchiato da alcuni reclusi partenopei e albanesi.

La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha chiesto al capo Dap, Bernardo Petralia, di annullare gli impegni per la giornata di domani, per andare di persona nel carcere di Frosinone, a fronte della gravita’ di quanto successo. E’ quanto si apprende da fonti di via Arenula. Il detenuto in serata é stato trasferito in un altro istituto penitenziario.

La strage sfiorata. Oggi ha chiesto di poter fare una doccia, convincendo l’agente della Penitenziaria ad aprire la sua cella. A quel punto, il detenuto ha estratto una pistola e ha minacciato il poliziotto, costringendolo a consegnargli le chiavi delle stanze dove erano recluse le persone che lo avevano aggredito. Il giovane, brandendo la pistola, si è avvicinato alle celle e ha cercato inutilmente di aprirle. A quel punto, visto anche l’allarme che nel frattempo era scattato nel carcere, ha sparato tre volte cercando di colpire i reclusi. Che per fortuna non sono stati feriti.



    Subito dopo, il 28enne ha chiamato il suo avvocato con un cellulare, illegalmente in suo possesso. Il legale lo ha convinto ad arrendersi e a consegnare l’arma. E così ha fatto il giovane, non prima di aver ingoiato la sim card del microcellulare.
    A commentare il drammatico evento è Pasquale Gallo, Segretario Regionale del Si.N.A.P.Pe:

    “La gravissima notizia di cronaca si aggiunge alle quotidiane aggressioni, alle rivolte e al continuo dilagare della criminalità nelle carceri italiane. Sul banco degli imputati dobbiamo mettere l’indifferenza di chi dovrebbe da anni mettere mano a una riforma del sistema penitenziario e della polizia penitenziaria, oltre al fatto che continua lo scandalo della mancanza di personale nei penitenziari”.

    “Eppure si aprono nuovi reparti – continua Pasquale Gallo – senza pensare ad elevare il numero di personale affinché si possa rendere realmente sicuro il carcere. Per evitare che il carcere diventi l’ università della malavita, è necessario adottare misure urgenti che non sacrifichino la sicurezza, evitare che criminali incalliti abbiamo contatti giornalieri con chi dev’essere ancora giudicato o con chi ha commesso piccoli reati “occasionali”.

    Molti si sono “convertiti” alla malavita tra le sbarre. La polizia penitenziaria dovrebbe avere una propria autonomia e dovrebbe avere sempre voce in capitolo nei comitati per l’ordine e la sicurezza. Siamo regrediti agli anni 80, è il momento di svegliarci prima che sia troppo tardi. Le carceri sono vulcani che stanno esplodendo.

    Ascoltiamo l’urlo della polizia penitenziaria senza voltarci dall’altra parte, come se le carceri fossero il problema di una realtà parallela, altrimenti dovremo fare di nuovo i conti con gli spari in una struttura che dovrebbe essere il baluardo delle istituzioni e della sicurezza dei cittadini, oppure con le carceri messe a ferro e fuoco da reclusi pieni di rabbia. Investire sulla polizia penitenziaria è il passo fondamentale per ridare dignità e credibilità ad un sistema ai limiti del collasso”.

     

    “Il carcere è diventato il luogo di regolamento dei conti a colpi di pistola tra affiliali alla criminalità organizzata. Abbiamo toccato il punto più allarmante di una situazione che da tempo, inascoltati, denunciamo come di massima emergenza”.

    È il commento del segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo su quanto è accaduto nel carcere di Frosinone dove – secondo le prime notizie diffuse – un detenuto ha minacciato con una pistola un agente e successivamente ha sparato contro altri detenuti nelle celle.

    “Come sia stato possibile introdurre non solo telefonini e droga ma persino un’arma in una sezione di alta sicurezza – aggiunge Aldo Di Giacomo – va accertato e comunque riprova che il “buonismo” nei confronti dei criminali che devono scontare lunghe e pesanti condanne ha già fatto danni enormi, primo fra tutti la delegittimazione della polizia penitenziaria. Spero che adesso i cittadini, l’opinione pubblica, i politici si rendano conto che nelle carceri non sono reclusi vittime o angeli, ci sono autori di crimini efferati per i quali da tempo, invece, si sostengono la clemenza e provvedimenti di indulto.

    Opinionisti, commentatori, politici dimostrano di avere la mente annebbiata e una grande confusione non distinguendo chi svolge il delicato servizio di controllo negli istituti penitenziari da chi ha compiuto crimini orrendi, con pesanti condanne, e alimenta l’illegalità. Se non interverranno misure immediate in direzione delle proposte presentate da anni, tra le quali il potenziamento di mezzi e personale e l’attività di contenimento dei troppi episodi di violenza contro gli agenti, torneremo indietro agli anni bui dei terroristi detenuti”.

    “Lo Stato – conclude Di Giacomo – riaffermi la sua presenza nel carcere e soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente Draghi e del ministro Cartabia è ora che ci si occupi seriamente dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che sfollando le celle, tutto si risolva di colpo”.


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