Test Covid: quali sono, quando servono, come funzionano e quanto costano

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La pandemia da Covid-19 ha segnato il 2020 e si trascina ancor oggi gli effetti dei contagi, delle varianti del virus e delle azioni di prevenzione e cura che hanno visto uno sforzo mondiale mai visto prima. L’Italia, fra i primi Paesi a gestire contagi e lockdown, ha mostrato grandi azioni di organizzazione sanitaria e grandi cervelli della ricerca uniti per trovare presto la possibilità di far fronte all’epidemia.

Parole come “test Covid” e “tampone” sono entrati nel linguaggio quotidiano e un’ampissima fetta della popolazione di ogni età ha già dovuto effettuarne almeno uno. I tamponi, infatti, sono il primo e più efficace strumento di prevenzione e analisi della malattia sin dai primi sintomi e il loro apporto al tracciamento della pandemia è stato molto rilevante.

La scienza e la medicina hanno, in breve tempo, sviluppato specifiche forme di test per il Covid, capaci di tracciare il modalità e tempistiche diversi il possibile contagio, con opportune differenze che possono essere utili in base all’utilizzo che se ne fa.
Ma non tutti hanno ancora chiare queste particolarità e quale test richiedere in base ai sintomi o alle casistiche di possibile contagio.



    Tra i test Covid che verranno presi in esame, alcuni sono ormai noti e diffusi. Se ne può richiedere l’esecuzione presso i laboratori di analisi del Centro Polispecialistico Medi a Castellammare di Stabia, al quale abbiamo chiesto di illustrare le principali caratteristiche e differenze, come funzionano e quali livelli di efficacia hanno. Su alcuni test, infatti, è opportuno fare chiarezza, perché ancora poco utilizzati.

    Tampone molecolare Covid

    Quando si fa riferimento a un test molecolare, ormai, il pensiero che si impone è quello del tampone. Questo tipo di esame è ormai molto diffuso ed è diventato uno dei simboli di questo periodo di pandemia: si tratta del test Covid più diffuso e sicuro per il riconoscimento della presenza del virus nell’organismo.

    Il tampone viene inserito nelle cavità nasali della persona che si sottopone al test e ha l’obiettivo di riconoscere il materiale genetico del virus stesso nella mucosa naso-faringea. Se questo materiale viene riconosciuto dai test molecolari a reazione a catena della polimerasi inversa, vuol dire che la persona è positiva al virus Sars-cov-2.

    Si tratta di uno strumento certamente affidabile, ma tutto sommato lento (per i risultati, sono necessarie dalle ore a un paio di giorni), senza considerare poi l’esposizione al rischio di contagio dell’operatore che effettua il tampone stesso.

    Il test molecolare si rivela opportuno per confermare eventuali tamponi rapidi o per la valutazione dello stato di soggetti in quarantena (sia nel caso comincino a manifestare sintomi, sia in quello in cui sia necessario confermarne la guarigione). L’esame può essere effettuato presso laboratori clinici e i costi possono variare di regione in regione.

    Test antigenico Covid

    Il test molecolare ricerca dunque il materiale genetico costitutivo del virus. Invece, il test antigenico ha il compito di individuare proteine virali (antigeni) specifiche. Il metodo utilizzato per il riconoscimento delle proteine è lo stesso del test molecolare: viene utilizzato un tampone naso-faringeo (simile a un cotton fioc dal bastoncino più lungo) ma il test dà, in questi casi, risposta più rapida.

    Si parla di un’attesa di appena quindici minuti ma l’affidabilità del test, di contro, è ridotta rispetto a un tampone molecolare: si consiglia dunque di confermare un test antigenico (passato ormai nel linguaggio comune come “tampone rapido”) con un secondo test molecolare, per evitare il rischio di falsi negativi.

    Data la rapidità del test, ad ogni modo, si consiglia l’esame antigenico quando necessario per la scuola o il lavoro (in virtù della sua rapidità) o, ancora, in caso di sintomi blandi se non ci sono stati contatti stretti con soggetti positivi (sintomatici o asintomatici).

    Test sierologico Covid

    A differenza dei due test precedenti, il test sierologico non ricerca componenti genetiche o antigeniche del virus, ma anticorpi prodotti dall’organismo in risposta al coronavirus. Se presenti, testimoniano l’avvenuto contatto dell’organismo con il virus stesso, ma non possono dire nulla circa un’eventuale infezione in atto. Infatti, una volta avvenuta l’infezione, il corpo impiega alcuni giorni per riuscire a mobilitare i giusti anticorpi, che restano in circolo nel sangue anche diverso tempo dopo l’avvenuta espulsione del virus.

    In tal senso, i test sierologici non hanno valore di tipo diagnostico: essere negativi a un test sierologico potrebbe significare – in alcuni casi, ad esempio – avere un’infezione in corso e non avere ancora prodotto i giusti anticorpi (il virus potrebbe essere ancora in fase di incubazione); al contrario, una conta elevata di anticorpi non aiuta a riconoscere quando si è entrati in contatto con il virus. Si rivela tuttavia un test molto utile per lo studio dell’epidemia in sé, e per l’analisi del suo andamento in comunità più o meno estese.

    Esistono tre varietà di test sierologico, i cui costi – presso i laboratori di analisi cliniche – sono variabili da regione a regione:

    • Test sierologico rapido o qualitativo: è sufficiente l’analisi di una singola goccia di sangue per verificare – nel giro di appena venti minuti – se l’organismo ha prodotto gli anticorpi contro il coronavirus.
    • Test sierologico quantitativo: si basa su un prelievo venoso; il sangue viene analizzato per rintracciare anticorpi IgG e IgM, ossia i primi a comparire in caso di infezione. L’attendibilità si aggira intorno al 98%. Se le immunoglobuline IgM sono positive, si avrà a che fare con un’infezione recente. In caso contrario (positività degli anticorpi IgG e negatività degli IgM), l’infezione è ormai passata; in quest’ultimo caso si può parlare di una potenziale immunizzazione del soggetto.
    • Spike test quantitativo: si tratta di un test sierologico diretto alla ricerca di anticorpi attivi contro la proteina S (Spike) del virus SARS-cov-2. Quest’ultimo test si rivela particolarmente adatto a verificare l’immunizzazione del soggetto in seguito a guarigione da un’infezione da coronavirus o al completamento del ciclo vaccinale contro il coronavirus.
      Anche in questo caso, l’esame si basa sull’analisi di sangue venoso, che viene sottoposto a chemiluminescenza (test dalla specificità del 99,6% e sensibilità del 100%). Si tratta di un test che vale la pena di effettuare due settimane dopo il completamento del ciclo vaccinale o tre settimane dopo l’avvenuta infezione da Covid-19: in entrambi i casi, si potrà verificare la presenza nel sangue di anticorpi capaci di riconoscere e attaccare la proteina Spike che il coronavirus utilizza per attaccare le cellule: neutralizzata questa proteina, il virus non avrà modo di infettare l’organismo ospite.
      Essendo dunque più mirato e specifico dei due test sierologici precedenti, lo Spike test si rivela più adatto a monitorare nel tempo la propria risposta immunitaria al virus, in seguito a guarigione o vaccinazione.

    Test salivari Covid

    Recentemente, sono stati sviluppati test simili agli esami molecolari e antigenici che, tuttavia, non dipendono da un tampone rinofaringeo ma si basano sull’analisi di un campione di saliva. Si tratta dunque di un esame meno invasivo del classico tampone o del prelievo venoso e, per questo, potrebbe rivelarsi uno strumento fondamentale per un rapido screening di intere comunità. Esistono, tuttavia, dei dati da tenere presenti.

    Il test salivare molecolare, infatti, ha tempi di attesa di circa un’ora e si rivela estremamente adatto soltanto in alcune circostanze: ad esempio, per confermare la validità di un test antigenico positivo. Il test salivare antigenico ha, come controindicazione, la necessità di un prelievo presso laboratori di analisi specifici: dunque, non si presta allo screening rapido.

    Prevenzione e test Covid

    La strategia di prevenzione e contenimento della diffusione della pandemia da Covid-19 si basa sulle cosiddette 3 T: testare (test), tracciare (tracing), trattare (treat). Si capisce così che il primo step (quello dei test da somministrare alla popolazione) è fondamentale per proseguire con l’opera di riconoscimento e trattamento dei casi positivi riscontrati.

    Nel tempo, sono state sviluppate diverse tipologie di test e altre ancora sono in fase di sviluppo, per garantire una sempre maggiore velocità nel riconoscimento dei soggetti positivi, così da spegnere sul nascere qualsiasi eventuale focolaio. Per questo i test si confermano come il principale strumento di prevenzione della diffusione del contagio da Covid.


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