Napoli, il pentito Carra: ‘Minichini è salvo perché la pistola si inceppò’

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Il pentito Gennaro Carra, ex capo del clan Cutolo del rione Traiano, collaboratore di giustizia da oltre un anno, ha raccontato agli investigatori anche del mancato omicidio del rivale Francesco Minichini.

Il suo racconto è contenuto nelle oltre 600 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Finamore del Tribunale di Napoli che ieri ha portato in carcere 12 persone dei clan Cutolo e Sorianiello. Sarebbe stata una vendetta lampo organizzata in meno di dieci minuti in risposta a un agguato subito nel cuore del rione Traiano. Gennaro Carra, per anni al vertice del clan Cutolo che gestisce la parte ‘bassa’ del rione, mentre quella ‘alta’ e’ del clan Puccinelli “con i quali ci incontravamo due volte a settimana”., ha parlato di droga, estorsioni a tappetto, i dettagli dello spaccio e i ruoli di ogni singolo affilia.

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E’ il primo agosto del 2019 quando decide di pentirisi. “Sono il capo del clan Cutolo”, esordisce. E quindi ricostruisce il tentato omicidio di Francesco Minichini avvenuto il 16 gennaio del 2013 a Pianura. Lui era un affiliato al clan Marfella di Pianura, quartiere occidentale di Napoli, che fu ferito con due colpi di pistola alle gambe. “Ci fu un litigio tra il cognato di Pasquale Pesce e Vincenzo Gravina – dice ai pm della Dda,Carra nel verbale del 4 settembre 2019 – in conseguenza del quale Massimo ‘a scignetella’ e ‘o nick’ vennero a sparare a bordo di un’auto contro di noi che stavamo sotto al porticato nella zona della 44. Non fu colpito nessuno”. La risposta fu immediata, in dieci minuti “A quel punto salii su un motorino guidato da Fabio Annunziata e mi misi alla ricerca di quell’auto, trovai Minichini e feci fuoco. La pistola si inceppo’ ma riuscii a colpirlo alle gambe. Non volevo ucciderlo senno’ miravo alla testa”.




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