Cronaca

Morte Cutolo, moglie e figlia a Parma: il magistrato deciderà sull’autopsia

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Parma. Boss Cutolo morto in carcere: moglie e figlia a Parma in attesa che il magistrato decida se disporre l’autopsia.

Nessuna determinazione è stata, infatti, ancora assunta dal pm di Parma in merito al rilascio della salma di Raffaele Cutolo, boss della Nuova Camorra organizzata detenuto al 41 bis e morto ieri sera poco dopo le 20 in ospedale all’età di 79 anni. La moglie, Immacolata Iacone, e la figlia, giunte oggi a Parma da Ottaviano, sono in attesa di poter vedere la salma, che si trova ancora all’interno dell’ospedale.

Una decisione in merito a un’eventuale autopsia o esame esterno del corpo sarà probabilmente presa domani. Solo dopo gli esami la salma messa a disposizione della famiglia che potrà disporre il trasferimento in Campania. A quel punto sarà il Prefetto di Napoli a decidere se vietare, come sarebbe logico, le esequie e a disporre che il funerale venga celebrato in forma privata e con un numero ristretto di familiari. Sulla morte del boss irriducibile c’è una grande attenzione mediatica.

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Oggi intanto, lo storico avvocato di Raffaele Cutolo, Gaetano Aufiero, ha ribadito che la morte del boss, mai pentitosi, è stata ‘un’inciviltà giuridica contro la quale insorgere’ ‘L’applicazione del regime carcerario del 41 bis a detenuti malati, come il boss della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo, è “una inciviltà giuridica, contro la quale bisogna insorgere”.

Nonostante le condizioni di Cutolo, 79 anni, fossero critiche il boss non ha ottenuto la possibilità di trascorrere le ultime settimane di vita agli arresti domiciliari. “È una barbarie lasciare al 41 bis un uomo malato, in quelle condizioni, con un deficit cognitivo grave, accertato anche da un perito di parte che lo ha visitato a settembre. Cutolo era in queste condizioni da un anno, con un deficit cognitivo grave che gli impediva di riconoscere la moglie, la figlia, me come suo legale – ha aggiunto l’avvocato Aufiero – e tuttavia si è continuato a dire che era un uomo pericoloso, che aveva astrattamente la possibilità di contattare l’esterno, quando invece non era nemmeno in grado di scendere dal letto. É una barbarie e chi la pensa diversamente o è ignorante, o è in malafede o ha una visione molto molto distorta del diritto e della giustizia”.

“La morte di Cutolo – ha sottolineato il legale – che non è la prima e non è nemmeno l’ultima al 41 bis, deve portate una riflessione su questo regime carcerario che è utile se finalizzato a contrastare la pericolosità del detenuto. Se invece, come nel caso di Cutolo, serve solo a umiliarne la dignità, è una misura che resta al di fuori anche del confine Costituzionale”. Per Cutolo, ha chiarito il legale, il regime detentivo del 41 bis “soprattutto negli ultimi 18 mesi, quando si sono aggravate le sue condizioni, è stata una vera e propria tortura”, “un vero e proprio accanimento, una condotta che si riserva alle bestie”.


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