Falsi scoop in tv: condannato Mingo, l’ex inviato di Striscia la Notizia

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Falsi scoop in tv: condannato Mingo, l’ex inviato di Striscia la Notizia.

L’ex inviato di Striscia la notizia, il tg satirico di Canale 5, Domenico De Pasquale (in arte Mingo) e’ stato condannato dal Tribunale di Bari a 1 anno e 2 mesi per truffa e diffamazione. La giudice Rosa Cali’a Di Pinto ha ritenuto che abbia costruito quattro falsi servizi (andati in onda tra il 2012 e il 2013), con tanto di falsi attori. Condannata, per truffa e falso, anche la moglie di Mingo, Corinna Martino titolare della Mec, la societa’ che aveva prodotto i servizi e li aveva venduti a Striscia la notizia.

Il pm Luisiana Di Vittorio aveva chiesto la condanna in relazione a 10 servizi falsi ma De Pasquale e’ stato assolto da alcune ipotesi di truffa mentre e’ stata dichiarata prescritta la simulazione di reato. Disposto anche il risarcimento danni nei confronti delle parti civili, a partire da Rti e dal conduttore Antonio Ricci. Il tribunale ha inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura affinche’ valuti la posizione di quattro persone in relazione a presunte false testimonianze.

“Sono stati prodotti documenti a sostegno della tesi difensiva che si immagina siano stati valutati dal giudice per raggiungere i risultati assolutori del dispositivo. A questo proposito, i nostri assistiti sottolineano di aver dimostrato la loro estraneita’ ai fatti a loro ascritti, raggiungendo la formula assolutoria per i fatti piu’ gravi”. Lo dichiarano in una nota gli avvocati Francesco Maria Colonna Venisti e Ludovica Lorusso, difensori di Domenico De Pasquale (in arte Mingo) e Corinna Martino (amministratore unico della Mec Produzioni Srl di cui il marito Mingo era socio), condannati oggi dal Tribunale di Bari alla pena di 14 mesi di reclusione per i reati di truffa, falso e diffamazione con riferimento a falsi servizi per il tg satirico ‘Striscia la notizia’, e assolti da altri episodi di truffa e da un’accusa di calunnia.



    “Le sentenze – dicono i legali – non si discutono: se non si condividono, si impugnano. Per farlo, e’ necessario attendere studiare le motivazioni che sostengono il provvedimento. Questa difesa non ha voluto e non vuole che il processo venga svolto in luoghi non deputati”.


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