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Gli italiani e il caffè: un amore lungo quattro secoli

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Noi italiani siamo certamente tra i popoli che consumano più caffè al mondo. Arriviamo a quota 5.9 kg a testa all’anno (2018), cifra che equivale a circa una tazzina e mezza al giorno. Non a caso siamo anche un paese di bar, con circa 150.000 esercizi sparsi in ogni angolo del territorio nazionale.

Come molti altri alimenti un tempo esotici, anche il caffè è arrivato nel nostro paese tramite la città più aperta e cosmopolita del passato: Venezia. Nella Serenissima il caffè, di origine araba e turca, veniva venduto e acquistato già nel 1570, e l’apertura delle prime caffetterie risale a poco dopo. All’inizio questa bevanda, forte e stimolante, aveva incontrato un grande successo di pubblico ma l’opposizione di alcuni esponenti della chiesa, che la consideravano demoniaca. Ma il papa non appoggiò mai questa posizione, e il caffè si diffuse indisturbato, prima nelle corti e delle caffetterie frequentate da nobili e borghesi, e quindi negli strati meno abbienti della società. Oggi circa l’80% degli italiani consuma caffè tutti i giorni.

È una nostra creazione l’espresso, il caffè cortissimo che è addirittura candidato a diventare patrimonio dell’umanità Unesco. Ed è un prodotto talmente tipico del nostro paese che è praticamente impossibile trovarlo altrove. Ma anche il cappuccino è un’invenzione italiana, anche se è ormai diffuso in tutto il mondo.

E riguardo a questa bevanda, gli italiani si sono sempre dimostrati piuttosto tradizionalisti. Amiamo la moka o il caffè del bar, e siamo poco permeabili alle moderne innovazioni. Il nostro tradizionalismo è arrivato al punto da tenere alla larga la più grande multinazionale del caffè, Starbucks, che ha quasi 30.000 punti vendita ovunque nel mondo e solo uno in Italia, a Milano.

Per riuscire a interessare noi italiani, il gigante americano ha dovuto costruire una “roastery”, cioè una torrefazione, con tanto di strutture di design e un’offerta da veri intenditori. Ha infatti considerato che il classico beverone americano, con aggiunta di caramello o di – orrore puro – crema di zucca e cannella, non avrebbe mai attratto le nostre schizzinose papille gustative. E a onore del vero l’immenso e modaiolo locale di Starbucks a Milano è frequentato in buona parte da turisti.

Tuttavia, anche noi italiani stiamo diventando piano piano più elastici. Ne è un esempio il boom delle macchinette a capsule per fare il caffè in casa al posto della moka. Il loro mercato cresce a doppia cifra ormai da anni, e ha un volume d’affari che ormai è pari a 2 miliardi di euro.

Ma negli ultimi tempi stanno prendendo piede anche delle reinterpretazioni più “creative” dei grandi classici del caffè italiano, come il cappuccino. Ad esempio, sempre più bar in Italia usano, con grande successo tra gli avventori, la stampante Ripple per cappuccino, che è una macchina che stampa immagini e messaggi sulla schiuma del cappuccino senza modificare il gusto o la consistenza. Un modo per aggiungere un tocco originale a una bevanda eterna, senza privarla del gusto a cui siamo tanto affezionati.

L’amore tra italiani e caffè dura ormai da più di quattro secoli e non è destinato a estinguersi presto. Riusciranno però le grandi multinazionali e le nuove tecnologie a inserirsi nelle nostre abitudini di consumo?

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