Castellammare. Resta in carcere l’imprenditore delle pompe funebri Alfonso Cesarano di 61 anni accusato di legami con il clan D’Alessandro in una inchiesta della Dda di Napoli che due settimane fa aveva portato all’emissione di sei ordinanze cautelari di cui 5 agli arresti domiciliari. I giudici del riesame hanno respinto l’istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati Claudio Botti e Antonio Briganti che chiedevano una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliari. L’imprenditore che si è sempre professato innocente è accusato, come tutti gli altri indagati, per i quali ieri gli stessi giudici hanno concesso la scarcerazione dai domiciliari, di trasferimento fraudolento di valori in concorso, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto per agevolare il raggiungimento delle finalità illecite dell’associazione di tipo mafioso denominata clan D’Alessandro, nonché avvalendosi della forza intimidatrice della predetta organizzazione. Il Riesame ha annullato cl tutto l’ordinanza cautelare nei confronti di Michele Cioffi e Cesarano Catello (difesi dagli avvocati Gennaro Somma e Marco Longobardi) mentre per Cesarano Alfonso ’57, Saturno Cesarano e Giulio Cesarano pur rimettendoli in libertà dai domiciliari hanno applicato la misura di interdizione per 12 mesi ad esercitare attività imprenditoriale.
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