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 Viaggio nell’Italia delle buone e cattive acque: il caso del fiume Sarno: ecco il report di Legambiente

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 Viaggio nell’Italia delle buone e cattive acque: il caso del fiume Sarno:  ecco il report di Legambiente

Acque troppo spesso inquinate, sprecate, e poco tutelate. Fiumi, laghi e falde della Penisola che non godono di buona salute e che sono minacciati dall’inquinamento chimico, da attività agricole non sostenibili e da quelle industriali, dalla maladepurazione che si ripercuote sui corpi idrici. Storie che Legambiente ha raccolto nel report “Buone e cattive acque” e che ben rendono l’idea, come la storica vertenza che accompagna il fiume Sarno, un bacino di 540 chilometri quadrati in cui insiste una popolazione che di circa un milione di abitanti: 39 comuni distribuiti nelle province di Napoli, Salerno e Avellino. Quella del Sarno è una storia di inquinamento civile, agricolo ed industriale, di dissesto idrogeologico, di forti modifiche date da interventi di rivestimento e tombatura degli alvei, di rettifica delle anse, derivazioni e captazioni, anche abusive, alle sorgenti.Legambiente, in vista della giornata mondiale dell’acqua, ha disegnato una mappa dell’Italia che raccoglie non solo storie di “cattive acque”, ma anche buone pratiche e storie di “acque salvate” che mettono al centro la tutela di questa preziosa risorsa: come ad esempio Volontari per Natura,il grandeprogetto nazionale di citizen scienze che coinvolge volontari di tutta Italia attraverso  cinque campagne di monitoraggio, tra cui quella sulla qualità dell’acqua che riguarderà anche il Sarno, dove i diversi circoli di Legambiente da anni coinvolgono attivamente la cittadinanza per sensibilizzare e denunciare lo stato in cui versano le acque del fiume.

Obiettivo del report dell’associazione ambientalista è quello di richiamare l’attenzione sul problema dell’inquinamento dei corpi idrici e sull’importanza e l’urgenza di mettere in campo una efficace tutela e corretta gestione della risorsa idrica e dei corsi d’acqua che risentono, sempre più, dei cambiamenti climatici e dei fenomeni estremi di siccità come quella registrata nell’estate del 2017. Recentemente la stessa Commissione Europea ha ribadito all’Italia la necessità di tutelare le acque interne e costiere e di dare piena attuazione alla direttiva quadro sulle Acque 2000/60, che stabilisce parametri e criteri per classificare i corpi idrici, superficiali e profondi, in “classi di qualità” per lo stato ecologico, chimico, e quantitativo e ne chiede il raggiungimento o il mantenimento del buono stato ecologico entro il 2027. Obiettivo che, nonostante la scadenza posticipata rispetto al 2015, termine previsto inizialmente, resta ambizioso e soprattutto non più rimandabile se si vuole evitare di mettere a repentaglio la disponibilità della risorsa idrica di buona qualità per gli ecosistemi e le persone.A parlare chiaro sono i dati. In base ai monitoraggi eseguiti per la direttiva Quadro Acque, nel quinquennio 2010-2015 lo stato attuale dei corpi idrici italiani – secondo gli ultimi dati Ispra – vede nella Penisola solo il 43% dei 7.494 fiumi in “buono o elevato stato ecologico”, il 41% al di sotto dell’obiettivo di qualità previsto e ben il 16% non ancora classificato. Non va certamente meglio per il Sarno: tutti i corpi idrici in questione – il Sarno e i suoi affluenti – sono in deroga per l’obiettivo non raggiunto di buono o elevato stato ecologico (per maggior dettaglio: solo uno stato sufficiente; la maggior parte in stato scarso; due in stato cattivo).

“Oggi più che mai – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – risulta evidente come sia necessario un nuovo approccio gestionale sul tema dell’acqua, con piani strategici che puntano ad eliminare gli scarichi inquinanti e a ridurre i prelievi, una misura necessaria per far fronte ai cambiamenti climatici. È inoltre importate definire strumenti di partecipazione adeguati (come i contratti di Fiume), che coinvolgano settori pubblici e privati, istituzioni, associazioni, cittadini, tecnici ed esperti per individuare le criticità e le politiche da mettere in campo. Ma per garantire misure risolutive calibrate sulle problematiche specifiche di ciascun bacino idrografico, è necessario completare la rete dei controlli ambientali, e uniformare su tutto il territorio nazionale il monitoraggio».

«Il disinquinamento del Fiume Sarno e il suo bacino idrografico è una vertenza storica di Legambiente iniziata più di 30 anni fa – aggiunge Antonio Giannattasio, Segreteria di Legambiente Campania -. Uno dei punti fondamentali, oltre al contrasto degli sversamenti illegali e all’abbandono dei rifiuti, è il completamento di un sistema depurativo efficiente (impianti, reti di collettamento, reti fognarie). Il cambiamento necessario passa inoltre anche attraverso alcune parole chiave come riqualificazione dei corsi d’acqua e rinaturalizzazione delle sponde, contrasto all’impermeabilizzazione dei suoli, miglioramento del trattamento di depurazione e implementazione del riutilizzo delle acque a 360° (dai fini industriali a quelli irrigui e domestici), rafforzamento dei controlli ambientali, innovazione e completa attuazione delle direttive europee».

Nell’ultimo dossier di Legambiente “Goletta del fiume Sarno” presentato il 18 gennaio 2018 a Salerno, si registra la situazione sempre critica del Bacino del Sarno. Dei 16 punti indagati lungo l’intero bacino del Fiume Sarno, compresi i Torrenti Cavaiola, Laura e Solofrana, tra il 26 e il 29 settembre 2017, 10 non raggiungono una qualità sufficiente avendo totalizzato punteggi che gli assegnano uno stato di qualità “Scarso” per 4 punti e uno stato “Cattivo” per altri 6. Soltanto 6 campioni raggiungono una qualità sufficiente o superiore, di questi 2 raggiungono punteggi tali da avere assegnato uno stato di qualità “Sufficiente”, 3 lo stato “Buono” e soltanto 1 quello “Elevato”. Nel grafico successivo sono rappresentati in termini percentuali gli stati di qualità dei 16 punti del Bacino del Sarno oggetto della campagna di monitoraggio.Più in generale, è il quadro complessivo dei servizi idrici in Campania a non essere entusiasmante: mentre sul fronte acquedottistico il servizio, al netto delle evenienze di carenza stagionale e di ricorrenti sospensioni connesse a cedimenti/rotture delle reti, rileva una copertura territoriale soddisfacente, sul fronte depurativo la situazione è decisamente critica, con un’ampia quota della popolazione affatto servita per carenze infrastrutturali o sebbene servita non ai livelli previsti dalla legge per l’inadeguata funzionalità e/o conduzione dei sistemi di trattamento degli scarichi.«Il vero nodo da sciogliere è quello relativo al “governo” del settore, da sempre in sofferenza e ritardo rispetto alle attività da svolgere ed alle scelte strategiche da intraprendere – sottolinea Giancarlo Chiavazzoresponsabile scientifico di Legambiente Campania -. Ad oggi non risulta ancora completamento operativo l’Ente idrico Campano, presupposto ineludibile alla adeguata e coerente realizzazione degli interventi infrastrutturali ed alla gestione del servizio. Da anni è stato previsto un importante impegno di spesa con disponibilità che hanno superato il miliardo di euro per investimenti strutturali. Ciononostante, non è corrisposta una conseguente realizzazione di interventi, le risorse disponibili sono state utilizzate solo in minima parte».


Articolo pubblicato il giorno 21 Marzo 2019 - 14:58

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