Un rapporto teso quello fra Nicola Schiavone, il primogenito di Francesco Sandokan, e Michele Zagaria. Una relazione burrascosa di cui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia ed oggi confermata dallo stesso rampollo di casa Schiavone, che ha iniziato a parlare con i magistrati della Dda, confermando la propria intenzione di voler uccidere il boss di Casapesenna.
Tra le cause di attrito ci fu anche il passaggio di Giacomo Capoluongo da Zagaria alle fila del clan Schiavone. Un passaggio legato a motivi economici. Ma la vera goccia che fece traboccare il vaso fu il Jambo di Trentola Ducenta, su cui si concentravano gli interessi di Zagaria che “fino al 2007 assicurava alla cassa comune del clan un introito di 80.000 euro mensili all’interno del quale vi era la quota relativa al Jambo”, dice Schiavone ai magistrati.
Una quota “versata nonostante circolassero voci all’interno del nostro circuito criminale secondo cui il Jambo fosse in realtà di Michele Zagaria. Questo fatto mi è sempre stato escluso – prosegue Schiavone jr. – da Giacomo Capoluongo il quale mi ha sempre raccontato che Sandro Falco fosse il proprietario del Jambo ma che egli aveva utilizzato Michele Zagaria talmente tante volte per ampliare ed ingrandire il Jambo oltre che per avere facilitazioni nelle autorizzazioni comunali (grazie al rapporto tra Michele Zagaria e Michele Griffo oltre che gli altri amministratori quali Luigi Cassandra) che di fatto non poteva più fare a meno della presenza di Michele Zagaria all’interno del Jambo”.
Ma Schiavone arrivò a decretare la morte di Zagaria quando si accorse “dopo il settembre 2008 – prosegue il figlio di Sandokan – che Michele Zagaria non onorava più i suoi impegni non versando la quota che gli era dovuta per la cassa comune. Cominciai ad evidenziare le inadempienze di Michele Zagaria e di conseguenza a prendere in considerazione l’ipotesi di ucciderlo”.
Gustavo Gentile
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