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Caivano, gli affitti delle case comunali li riscuoteva il parente del boss

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Caivano. Sette mesi fa l’amministrazione guidata da Simone Monopoli comunale crollò per motivi politici: le dimissioni contestuali di 13 consiglieri comunali su 24. Dopo qualche mese arriva lo scioglimento del consiglio comunale dal Ministero dell’Interno per criminalità organizzata. “Il consiglio comunale – si legge nella relazione – su input dell’amministrazione Monopoli, avrebbe nell’aprile 2016 modificato il regolamento delle entrate patrimoniali, escludendo la riscossione dei canoni di locazione inerenti il complesso residenziale del Parco Verde dalle attività della società concessionaria, affidandola ad uno stretto parente di personaggi apicali di una locale famiglia malavitosa”. Inoltre si legge sempre dal dossier “la nomina da parte del sindaco Monopoli di uno stretto parente di personaggi apicali di organizzazioni criminali a rappresentarlo nella gestione delle politiche sociali nell’Ambito 19”. Con la stessa delega avrebbe attribuito allo stesso soggetto un incarico gestionale per la riscossione dei canoni di locazione nel Parco Verde. Dai controlli della polizia è però emerso che gran parte degli alloggi erano stati sostituiti senza titolo agli assegnatari originari e senza pagare alcun canone di locazione, commettendo inoltre anche abusi edilizi e illegittimi allacci alla rete idrica ed elettrica. Nella relazione del prefetto viene detto che diversi lavori dei servizi comunali sono stati aggiudicati a ditte i cui rappresentanti legali e dipendenti avevano legami con la criminalità organizzata. L’ormai ex primo cittadino non ha fatto attendere la sua risposta. “Adirò a tutte le vie legali a mia disposizione per confutare questa relazione. Credo di avere sempre agito con l’unico scopo di migliorare il mio paese . Resta comunque la bocca amara, soprattutto se penso a quanto peserà tutto questo sui miei cari e sulla mia vita. Il camorrista a Caivano sono solo io. Pago il prezzo della mia onestà intellettuale”. La triade commissariale resterà in città fino al 2020, anno in cui si andrà nuovamente al voto.


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