Cronaca Giudiziaria

Omicidio del meccanico innocente, nuove dichiarazioni del pentito Cervone

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Vincenzo Liguori, il meccanico incensurato di San Giorgio a Cremano è uno delle tante vittime innocenti della camorra ancora senza colpevoli ma le dichiarazioni del pentito Gaetano Cervone, cognato dei boss Aprea di Barra e zio acquisito di Francesco Troia, uno dei fratelli reggenti dell’omonimo clan di san Giorgio a Cremano potrebbero aprire nuovi scenari. Troia è uno dei 33 colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giuliana Poliio che stamane ha smantellato il clan gestito dalla mamma Immacolata Iattarelli. Francesco Troia è sposato con Concetta Aprea (che figura tra i 33 finiti in carcere) figlia del famigerato boss di Barra, Ciro Aprea pont ‘e curtiello ma è il fratello di Vincenzo che il pentito del clan Giovanni Gallo aveva indicato come mandante dell’omicidio dell’innocente meccanico Vincenzo Liguori e del ferimento di Luigi Formicola, vero obiettivo dell’agguato.
In un verbale datato 11 maggio 2015 Gaetano Cervone e che è allegato tra le 1146 pagine dell’ordinanza cautelare contro il clan Troia, ha raccontato:”…allora con i fratelli Troia voi sapete che forse c’è una parentela no, perché la figlia di Aprea Ciro ha sposato a Troia Francesco, allora quando questo qua è stato arrestato per l’omicidio di Maittone, nui o’ chiamamm Maittone, e per l’omicidio di quel poveretto che è stato ucciso per errore, o’ pat ra giornalista… lui è venuto nella sezione con me, stavamo all’S3 alla VI Sezione si, S3, VI Sezione, lui era in cella con Papi uno di Napoli mi ricordo… Papi, o’ nipote di Jafulli jà, … incomprensibile… e dice che ata combinato, che è succieso no, lui dice Maittone era murì, perché Maittone che successe, Maittone sarebbemorto perché Salvatore Abate, o’ Cavallaro, avrebbe mandato una lettera minatoria diciamo, dal carcere tramite la famiglia, al padre di Vincenzo, diceva figliet’ che si è mis in capa, io lo faccio tagliare la capa, e’ faccio a pezzi, t ‘acciro a te, a figliet, li minacciò di brutto, mo ‘ questo Maittone era un fedelissimo degli Abate, io non so il nome e cognome preciso, Maittone malavitosamente lo chiamavamo Maittone… e lui l ‘avrebbe fatto ammazzare dai cognati mi sembra, dai cognati, se ne attribuiva la paternità, e lo stesso l’omicidio cli o’ meccanico e quell’altro, lui si è sempre attribuito lacosa, lui si è dichiarato un “paco” a San Giorgio a Cremano, ha fatto fuori i Cavallaro, oramai erano loro che gestivano tutti gli affari, c’era solo un impiego un discorso con Cefariello Vincenzo. Poichè Cefariello Vincenzo ha una grande, aveva, aveva una grande stima con me e io con lui, io gli parlavo sempre bene di Cefariello, gli dicevo Cefariello vedi che capa tene, non fare come hai fatto con Maittone, so gente vecchia, hanno dato tanto per la malavita, non si può ammazzare a uno accussì che  ha fatto tanta storia se non c’è motivo”.
Nel febbraio scorso la Corte di Cassazione ha assolto Vincenzo Troia, unico imputato come presunto mandante, nel processo per  l’omicidio dell’innocente meccanico di San Giorgio a Cremano, Vincenzo Liguori. Il ras di San Giorgio a Cremano è uscito quindi defintivamente di scena dopo che in primo grado era stato condannato al’ergastolo. Sentenza poi ribaltata in Appello e confermata dalla Cassazione nonostante ci fossero le dichiarazioni del pentito Giovanni Gallo, che all’epoca fece da basista per il tentato omicidio Formicola. Secondo i giudici di Appello “ciò che manca, rispetto alle accuse di Gallo, sono i riscontri estrinseci individualizzanti relativi al Troia”. In secondo grado furono anche scartate le intercettazioni che l’accusa aveva portato come supporto alla sua ricostruzione e all’ipotesi del movente: ovvero i colloqui in carcere tra esponenti della famiglia malavitosa degli Abate e di un dialogo che capta commenti sugli episodi di San Giorgio a Cremano.
In alcuni di quei colloqui si commentavano le voci che circolavano in città e relative alla possibile volontà di Troia, da poco uscito dal carcere dopo una condanna, di vendicarsi di Formicola perché era stato denunciato da un socio di questi nella gestione di un negozio che era accanto all’officina del povero Liguori  “Si tratta -scrissero nelle motivazioni i giudici di secondo grado – di notizie che appaiono frutto di un sapere deduttivo da conoscenza diffusa dei fatti, notizie de relato la cui fonte imprecisa resta ignota”.

(nella foto da sinistra la vittima innocente Vincenzo Liguori e il pentito Gaetano Cervone)


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