Camorra, il pentito e l’iniziazione ai tempi della faida: ”Per passare con gli Amato-Pagano si doveva uccidere uno dei Di Lauro”

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C’è stato un macabro rituale di camorra, uno de tanti, durante la prima faida di Scampia, che è stato svelato di recente dal pentito Pasquale Riccio, ovvero che gli ex Di Lauro che volevano passare con gli “scissionisti” del clan Amato-Pagano dovevano contribuire all’omicidio di uno dei vecchi amici, come segnale di fedeltà al nuovo gruppo.
Fu così, secondo il pentito Pasquale Riccio ‘o paliuso, an­che per Carmine Amoruso detto “Papacelle”, che fece scattare la trappola culmina­ta nella triplice uccisone a Mugnano del 9 novembre 2004. Si era agli albori della prima faida di Scampia e furono trovati i cadaveri di Stefano Maisto, del cugino Mario e di Stefano Mauriello. Ecco cosa ha messo ver­bale il collaboratore di giustizia il 18 marzo del 2015:
“Ho saputo del triplice omicidio da Gio­vanni Esposito ’o muort”  che era già nel gruppo di fuoco degli Amato-Pagano. Egli mi disse che l’omicidio venne com­ messo nel garage della casa di Carmine Amoruso, che si trova a Mugnano – sua o di suo fratello- e che se non mi sbaglio c la stessa da cui partì il gruppo di fuoco per commettere l’omici­ dio di Biagio Biancolella.
Carmine Amoruso con l’appoggio dato in questo omicidio (si riferisce al triplice di Mugano, ndr) si è girato dai Di Lauro agli “scissionisti”. “Papacelle” aveva avuto da Cosimo Di Lauro dei soldi per puntare una quota di hashish a Marano. Mandò a chia­mare ’o Cavallaro (Giovanni Cortese, ndr) con la scusa di restituire questa som­ma, ma ’o Cavallaro” (fedelissimo dei Di Lauro, ndr) invece di recarsi personalmente mandò questi tre giovani dei Di Lauro. I killer, per quanto che ho saputo, aspetta­vano Giovanni Cortese.
Esposito mi rac­contò che si trattava di Carmine Cerrato ’a recchia, Carmine Amoruso e lo stes­so Esposito, per come mi disse lui anche se credo più ad una sua vanteria. I particolari che riferì Espo­sito furono questi: una delle vittime fu colpita a un occhio, ma non mi disse chi fu a buttare l’auto con i cadaveri nella zona de­ gli “zingari”, anche se specificò che originariamente l’intento era quello di abbandonare l’auto proprio “in mezzall’arc” (strada di Secondigliano allora quartier ge­nerale del clan Di Lauro, ndr), ma non si poté fare per la presenza di troppe forze dell’ordine”.
Il triplice omicidio, come ricorda Il Roma,  si scoprì dopo una telefonata al 118. “C’è un uomo riverso a bordo di un’auto, forse sta male”. Arrivò la polizia. Nella Fiat Punto, sul sedile posteriore, c’era il corpo di Stefano Maisto, 27 anni.
Per terra, tra i sedili, quello di suo cugino Mario. I corpi crivellati dai proiet­tili erano chiusi in sacchi di plastica con chiusura lampo, generalmente usati dalla polizia mortuaria, e accanto fu trovato un giornale sportivo con la data del giorno prima, oltre ad alcuni atti giudiziari sulla scar­cerazione di un indagato per droga e alcuni disegni fatti con la mano di un bambinoinnamorato di Superman.
Nel portabaga­gli c’era il terzo cadavere, quello di Stefa­ no Mauriello, 31 anni, titolare di un gara­ge a Scampia. 1 tre, per la polizia, erano uomini del clan di “Ciruzzo ’o milionario”, pregiudicati e vivevano tutti tra Melito e Giugliano.


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