Il presepe napoletano 700 è molto più di una semplice rappresentazione della Natività: è un microcosmo barocco che intreccia devozione, teatro, artigianato d’eccellenza e racconto sociale. Nel Settecento la scena sacra si amplia fino a diventare un vero e proprio “paesaggio umano” popolato da pastori, botteghe, osterie, mercati e ruderi classici; una scelta iconografica che fonde il sacro col profano e riflette la società napoletana di allora.
Origini e contesto storico: perché il Settecento fu l’età d’oro
La trasformazione del presepe, da semplice gruppo della Natività a complessa scenografia urbana, comincia già nel Seicento ma raggiunge la sua piena maturità nel Settecento, periodo in cui la committenza ecclesiastica si allarga a nobili e ricchi borghesi e l’arte presepiale diventa oggetto di collezionismo e competizione sociale. La corte borbonica e l’ambiente culturale partenopeo favorirono la partecipazione di scultori e botteghe che resero i pastori sempre più raffinati, tanto nella modellazione delle teste e degli arti quanto negli abiti confezionati con stoffe e broccati. L’effetto complessivo è quello di un “teatro in miniatura” che documenta mestieri, costumi e simbolismi della Napoli del tempo.
Tecniche, materiali e protagonisti dell’arte presepiale
Il presepe napoletano del Settecento si caratterizza per l’uso combinato di materiali e tecniche: teste, mani e talvolta piedi in terracotta o pasta di terracotta; corpi con struttura in stoppa o legno; occhi in vetro; vestiture finemente cucite (da qui l’espressione «pastori vestiti»). La cartapesta, lo stucco e il sughero venivano impiegati per creare scogli, ruderi e complessi paesaggistici: scenografie in grado di simulare architetture classiche accostate a elementi di vita quotidiana (forni, ponti, taverne, banchi di mercato). A Napoli le botteghe di San Gregorio Armeno e le scuole locali di scultura e sartoria per pastori hanno consolidato queste pratiche, tramandandole nei secoli. Tra i nomi rievocati dalla tradizione compaiono importanti scultori napoletani che, pur dedicandosi ad altre committenze, collaborarono o influenzarono l’arte del presepe in epoca settecentesca.
Il patrimonio (Cuciniello e San Martino) e la fortuna contemporanea
Un punto di riferimento imprescindibile per studiare il presepe napoletano 700 è la sezione presepiale del Museo Nazionale di San Martino: qui è conservato il celebre «Presepe Cuciniello», assemblato nel XIX secolo dal collezionista Michele Cuciniello che raccolse centinaia di pastori e accessori in stile settecentesco e li donò al museo. La collezione di San Martino e le mostre dedicate hanno contribuito a legittimare il presepe napoletano come patrimonio artistico e a mantenere viva la filiera artigianale che ancora oggi anima via San Gregorio Armeno e le botteghe specializzate. Inoltre, pezzi e intere scene settecentesche sono presenti in collezioni europee e musei stranieri, testimonianza del successo internazionale di questa produzione.
Perché studiare il presepe napoletano del Settecento oggi
Il presepe napoletano 700 resta una chiave di lettura privilegiata per comprendere l’arte barocca, l’artigianato napoletano e le dinamiche sociali della Napoli del Settecento: è insieme oggetto devozionale, opera d’arte e “fotografia” etnografica. Lo studio delle tecniche, delle botteghe e delle collezioni storiche (come il Cuciniello a San Martino) aiuta a preservare competenze manuali e saperi locali e a valorizzare il presepe non solo come tradizione natalizia ma come patrimonio culturale di lunga durata.
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Commenti (1)
Il articolo sul presepe napoletano del settecento è molto interessante e spiega bene come la storia e l’arte si intrecciano. Pero ci sono molte parole complicate che non sono facili da capire per tutti, sarebbe meglio usare un linguaggio piu semplice.