Cronaca Giudiziaria

Faida infinita tra Mazzarella e Rinaldi, altro colpo di scena: solo 4 anni e 6 mesi al boss Sembianza

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L’ennesimo colpo di scena giudiziario si abbatte sul processo che da anni prova a far luce sull’eterna faida di camorra tra i Mazzarella e i Rinaldi.

Salvatore Sembianza, storico ras di piazza Mercato, considerato per anni un pezzo da novanta dell’ala “mazzarelliana” poi scissasi dal clan madre, è stato assolto dall’accusa di tentato omicidio e condannato per lesioni gravi nel procedimento sull’agguato a Ettore Carbone, gambizzato il 20 dicembre 2016 in zona Porta Nolana.

La quinta sezione della Corte d’appello di Napoli, accogliendo la linea difensiva degli avvocati Francesco Buonaiuto e Diego Pedicini, ha derubricato l’imputazione da tentato omicidio a lesioni personali gravi, infliggendo a Sembianza una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione. Un verdetto che ridimensiona drasticamente la condanna di primo grado, quando il ras di piazza Mercato aveva incassato 12 anni di carcere per lo stesso fatto.

Determinante, in secondo grado, è stata una perizia balistica che ha scardinato la ricostruzione iniziale dell’accusa. Nonostante il riconoscimento effettuato all’epoca dalla vittima – poi deceduta per cause non collegate all’agguato – la difesa è riuscita a dimostrare che Sembianza non avrebbe mirato a uccidere Carbone, ma a “soltanto” intimidirlo. A sostegno di questa tesi, la traiettoria del proiettile: il colpo, secondo i periti, era diretto verso il basso, compatibile con una gambizzazione e non con un colpo di esecuzione.

Per Sembianza non è la prima volta che i giudici riconoscono un ridimensionamento dell’impianto accusatorio o della pena, nonostante il peso delle contestazioni a suo carico e il ruolo attribuitogli nelle dinamiche di camorra tra piazza Mercato, il centro e l’area occidentale di Napoli. Già nel 2020 il ras era riuscito a portare a casa una condanna “soft” per un delitto di sangue di particolare ferocia: l’omicidio dell’algerino Abdel Chafai, ucciso senza pietà e il cui corpo sarebbe stato dato alle fiamme e fatto sparire.

A riaprire quel capitolo di sangue fu il clamoroso pentimento di Salvatore Maggio, ex boss di piazza Mercato passato dalla parte dello Stato. Maggio confessò l’omicidio dell’algerino, ricostruendone fasi e movente, e tirò in ballo il complice Salvatore Sembianza, indicato come coautore del delitto e della successiva distruzione del cadavere. Le dichiarazioni del pentito diedero un impulso decisivo alle indagini e portarono a un nuovo processo davanti alla seconda sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli.

Anche in quella vicenda, però, l’esito fu al ribasso rispetto alle richieste della Procura. I giudici d’appello fissarono per Maggio, divenuto collaboratore di giustizia, una pena di 12 anni di reclusione, mentre per Sembianza la condanna fu quantificata in 15 anni e 4 mesi. Una sanzione già più lieve rispetto ai 18 anni rimediati in primo grado al termine del rito abbreviato, grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche, giudicate prevalenti sulle aggravanti contestate.

Il nome di Sembianza è inoltre legato a un altro processo eccellente che nel 2019 registrò un nuovo colpo di scena. Il ras del Mercato era alla sbarra con l’accusa di aver materialmente ucciso il boss Pasquale Grimaldi, cugino del capoclan di Soccavo Ciro Grimaldi detto “Settirò”, e di aver ferito Enrico Esposito nello stesso agguato. Una vicenda inserita dagli inquirenti nel contesto di sanguinosi riassetti di potere tra storiche famiglie di camorra dell’area occidentale della città.

Anche in quel procedimento, nonostante la “consistenza” del quadro accusatorio tracciato dalla Procura, Sembianza riuscì a contenere il danno. Nel processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, al ras fu riconosciuta l’esclusione dell’aggravante della premeditazione e furono concesse attenuanti generiche ritenute prevalenti, con una condanna che si attestò su 14 anni e 8 mesi di reclusione. Un verdetto confermato in appello a giugno del 2019, quando la Corte d’assise d’appello ritenne di non irrigidire la pena, mantenendola in linea con il giudizio di primo grado.

Il nuovo verdetto sul ferimento di Ettore Carbone si inserisce così in un filone processuale che, tra derubricazioni di reato, perizie tecniche e attenuanti riconosciute, ridisegna negli anni la posizione giudiziaria di Salvatore Sembianza. Sullo sfondo, la lunga scia di sangue della faida tra i Mazzarella e i Rinaldi e il continuo braccio di ferro tra Procura e difese nella ricostruzione di gerarchie, ruoli e responsabilità dei ras che per anni hanno insanguinato Napoli tra piazza Mercato, Porta Nolana e l’area occidentale.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2025 - 09:55 - Gustavo Gentile
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Gustavo Gentile