Roma. “L’angiografia è un esame strumentale che serve per visualizzare le arterie o le vene del nostro corpo e che prevede la puntura di un’arteria o di una vena con l’inoculazione di un mezzo di contrasto, storicamente rappresentato dal mezzo iodato”, spiega il professor Mauro Gargiulo, ordinario di Chirurgia Vascolare all’Università di Bologna e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Vascolare dell’Irccs Policlinico Sant’Orsola. “È una diagnostica fondamentale per valutare restringimenti o dilatazioni delle arterie e per impostare correttamente un percorso diagnostico-terapeutico”.
Il mezzo di contrasto iodato, tuttavia, presenta criticità in una parte dei pazienti. “Lo iodio permette di disegnare molto bene le arterie, ma esistono pazienti allergici per i quali l’uso è controindicato e altri nei quali può creare problematiche a livello renale”, chiarisce Gargiulo. “Il mezzo iodato viene eliminato per via renale e può determinare danni al parenchima, con il rischio di insufficienza renale soprattutto in chi parte già da una funzionalità compromessa”.
Da qui la ricerca di un’alternativa. “Negli interventi endovascolari abbiamo osservato che l’uso abbondante di mezzo iodato poteva danneggiare i reni e si è cercato di ridurre questo rischio”, afferma il chirurgo vascolare. “Già nei primi anni Duemila alcuni colleghi hanno iniziato a utilizzare l’anidride carbonica come mezzo di contrasto. Dal 2007 al 2016 l’uso della CO₂ è cresciuto a livello internazionale, soprattutto nei pazienti con insufficienza renale sottoposti a chirurgia vascolare”.
L’evoluzione tecnologica ha fatto il resto. “Dal 2016 utilizziamo sistemi di iniezione automatizzata di anidride carbonica che hanno migliorato notevolmente le performance dell’angiografia con CO₂”, sottolinea Gargiulo. “In alcuni centri questa metodica è diventata routinaria non solo nei pazienti a rischio, ma anche nel trattamento endovascolare delle malattie arteriose, arrivando quasi a sostituire l’angiografia con mezzo iodato”.
Il professore precisa però che non si tratta di una contrapposizione. “Non è un approccio contro il mezzo iodato, che continuiamo a utilizzare, ma un ampliamento delle possibilità diagnostiche”, spiega. “Nei pazienti in cui lo iodio non può essere usato, l’angiografia con CO₂ offre immagini affidabili, quasi sovrapponibili, ed è un passo avanti nel ridurre i rischi delle procedure”.
Resta il tema della sicurezza legata all’uso di un gas. “La CO₂ fluttua nel sangue, viene eliminata per via polmonare e non crea problemi di embolizzazione periferica”, chiarisce Gargiulo. “Prestiamo però molta attenzione alla sede di iniezione: non utilizziamo la CO₂ nella parte alta dell’albero arterioso, sopra il diaframma o nelle arterie che portano sangue al cervello, per evitare rischi teorici di ischemia cerebrale”.
La metodica è già realtà nel Servizio sanitario nazionale. “Non tutti i centri di Chirurgia Vascolare sono dotati di questo sistema”, conclude Gargiulo, “ma al Policlinico Sant’Orsola lo utilizziamo dal 2016 in modo routinario e altri centri in Italia stanno adottando questa tecnologia”.
Fonte REDAZIONE






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