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Telecontact, scatta la protesta: mille e seicento dipendenti in sciopero per un mese

Tim cede l'azienda a una newco da 10mila euro. I lavoratori temono per il futuro: «Nessuna garanzia, perdiamo tutto». L'80% sono donne
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Dopo la manifestazione di ieri sotto la sede romana di Poste Italiane, azionista di maggioranza di Tim, scatta oggi lo sciopero nazionale dei dipendenti Telecontact. Una protesta destinata a durare fino al 16 dicembre, con astensioni dal lavoro scaglionate: due ore a fine turno per i full time, un'ora e mezza per i part time al 75%, un'ora per quelli al 50%.

Sono 1.591 i lavoratori coinvolti in tutta Italia, di cui 303 solo a Napoli. L'80% ha un volto femminile. Tutti uniti nella stessa battaglia: opporsi alla cessione della società da parte di Tim, che oggi la controlla al 100%, a una newco del Gruppo Distribuzione con un capitale sociale di appena 10mila euro. Nella nuova struttura confluiranno altri 1.789 dipendenti, ma le garanzie sul futuro occupazionale restano nebbiose.

La crisi delle telecomunicazioni e il piano di riconversione

Tim giustifica l'operazione con la crisi profonda del settore: un calo del 35% negli ultimi dodici anni che ha reso inevitabile la ristrutturazione.

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Ai dipendenti viene promesso un percorso di transizione e formazione. Non più solo assistenza clienti per Tim, ma un ruolo nella digitalizzazione della pubblica amministrazione attraverso una partnership con Poste Italiane, ancora tutta da definire nei dettagli.

Ma è proprio questa vaghezza a preoccupare i lavoratori. Oltre all'incertezza sulla stabilità occupazionale, pesa la perdita dei benefit aziendali. Se la retribuzione base è garantita, tutti gli elementi derivanti dalla contrattazione aziendale rischiano di sparire, traducendosi in un taglio netto allo stipendio.

Sindacati sul piede di guerra

Le organizzazioni sindacali hanno già messo in calendario un mese di mobilitazione e nei prossimi giorni chiederanno un incontro urgente al ministero delle Imprese e del Made in Italy. L'obiettivo è blindare le tutele contrattuali e ottenere garanzie concrete sul futuro di quasi milleseicento famiglie che oggi guardano con angoscia a un domani sempre più incerto.

La partita è appena iniziata, ma i lavoratori hanno già fatto sentire la loro voce: non accetteranno di essere sacrificati sull'altare di una ristrutturazione che rischia di lasciarli senza protezioni.

Articolo pubblicato il 18 Novembre 2025 - 16:00 - A. Carlino

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