A Castellammare di Stabia la morte era diventata un affare. Le ambulanze di una società dal nome rassicurante — New Life, nuova vita — trasportavano a casa pazienti già deceduti, fingendo che fossero ancora vivi. Bastava un modulo, una firma e la complicità di chi chiudeva un occhio nei corridoi dell’ospedale San Leonardo.
Un meccanismo cinico e rodato, che serviva a bypassare i controlli comunali e a garantire al clan D’Alessandro il monopolio del trasporto di malati e defunti.
L’operazione è stata smontata dai carabinieri di Torre Annunziata sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che oggi ha disposto il sequestro della società e cinque misure cautelari.
Secondo gli inquirenti, le ambulanze della New Life, formalmente indipendenti ma di fatto controllate dal clan, trasferivano a casa pazienti già morti in ospedale, fingendo che fossero ancora vivi per aggirare i regolamenti comunali.
Le norme, infatti, prevedono che solo le imprese funebri autorizzate possano prelevare le salme. Ma la camorra aveva trovato la scorciatoia: “resuscitare” i defunti per trasportarli come se fossero ancora in cura, trasformando anche la morte in fonte di guadagno.
Gli arresti: prestanomi, parenti e fedelissimi del clan
Gli indagati sono cinque. In carcere sono finiti Daniele Amendola, 45 anni, imprenditore e prestanome appartenente alla nota famiglia dei "cape e fierro", e Luigi Staiano, 37 anni, nipote del defunto padrino Michele D’Alessandro, in quanto figlio di Maria D'Alessandro.
Risultano indagati invece Antonio Rossetti, 53 anni, detto ’o guappone e cui farebbe riferimento la società New Life — detenuto al 41 bis e figura storica del clan —, Giuseppe Di Lieto, 32 anni, e Pasquale Esposito, 50 anni, genero del boss Luigi D’Alessandro.
Sono accusati di trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza e tentata estorsione, tutte aggravate dal metodo mafioso.
In realtà, dietro l’apparente società privata, c’era un’impresa del clan, che controllava l’intero circuito del 118 e del trasporto sanitario.
Come funzionava la truffa
La regola, in teoria, è chiara: solo le ditte funebri autorizzate dal Comune possono prelevare le salme dagli ospedali.
Ma il clan aveva escogitato un modo per aggirarla. Quando un paziente moriva, gli uomini della New Life compilavano documenti falsi, facendo risultare la persona ancora viva al momento del trasporto.
Così il cadavere lasciava l’ospedale su un’ambulanza privata, con tanto di sirena e lampeggiante.
Un inganno semplice e redditizio
Nel periodo tra aprile e luglio 2021 gli investigatori hanno documentato almeno tre casi, ma i collaboratori di giustizia Valentino Marrazzo e Pasquale Rapicano hanno raccontato che i “viaggi fantasma” erano decine, forse centinaia.
Ogni piano dell’ospedale aveva “un referente”: qualcuno che avvisava il clan quando un paziente era in fin di vita. Da lì partiva il giro di chiamate e la corsa della New Life, la “nuova vita” che cominciava dopo la morte.
L’impero delle ambulanze
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Le ditte concorrenti venivano sistematicamente minacciate o costrette a ritirarsi dalle gare d’appalto.
Chi non accettava di farsi da parte subiva rappresaglie o sabotaggi. Come emerge dalle 150 pagine dell’ordinanza cautelare firmata del gip, Federica Colucci, i D’Alessandro avevano creato un regime di monopolio mafioso che trasformava il servizio sanitario in una rete di potere economico e controllo sociale.
Gli intrecci con altri affari
Dalle intercettazioni e dalle testimonianze emerge che lo stesso gruppo puntava a espandere il proprio controllo anche oltre l’ospedale.
Un episodio in particolare ha fatto scattare l’allarme: il tentativo di imporre il servizio di ristoro all’interno dello stadio Romeo Menti, casa della Juve Stabia.
A occuparsene era Luigi Staiano, che avrebbe minacciato il responsabile della sicurezza per ottenere l’appalto.
Un’azione che conferma la strategia imprenditoriale dei D’Alessandro: diversificare, entrare ovunque ci sia denaro pubblico o visibilità sociale — dalla sanità allo sport.
Le voci dei pentiti
A squarciare il silenzio sono stati i collaboratori di giustizia. Marrazzo e Rapicano hanno descritto in dettaglio il ruolo dei referenti ospedalieri e le modalità con cui venivano “preparati” i trasporti falsi.
“Ogni piano aveva un contatto”, ha raccontato uno di loro. “Quando un paziente peggiorava, li chiamavano. Era questione di minuti. L’ambulanza partiva e arrivava prima ancora che il medico firmasse il decesso.”
Una macchina criminale perfetta, alimentata da complicità e silenzi.E da un marchio: il terrore silenzioso dei D’Alessandro, la camorra che entra negli ospedali e fa affari con la morte.
Il paradosso della “nuova vita”
Sulla carta, New Life doveva significare rinascita.Nella realtà, era l’ennesimo volto di un sistema mafioso che si nutre del dolore altrui.
Il nome prometteva speranza, ma dietro c’erano affari sporchi, cadaveri finti e potere reale.
Un’altra pagina dell’impero D’Alessandro, dove anche la morte diventa merce e Castellammare resta prigioniera della sua camorra, che non muore mai davvero.






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