

Baby gang in giro per Napoli
Napoli- Un’aggressione brutale, consumata nel cuore di Napoli, che avrebbe potuto trasformarsi in tragedia. Lo scorso 28 ottobre un ragazzo di 17 anni è stato accerchiato e colpito con cocci di bottiglia da tre coetanei in una lite dai contorni ancora oscuri.
Le ferite riportate, come documentato dai referti medici, hanno interessato zone vitali del corpo: senza un tempestivo soccorso, l’esito avrebbe potuto essere fatale.
Grazie a un’attività d’indagine serrata, condotta dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Napoli Stella sotto il coordinamento della Procura per i minorenni di Napoli, è stato possibile ricostruire la dinamica dell’aggressione.
Decisive le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, che hanno consentito di identificare i presunti responsabili: tre studenti, due quattordicenni e un quindicenne, compagni di scuola tra loro ma estranei alla vittima e al suo amico, anch’egli minorenne.
I tre indagati devono ora rispondere di tentato omicidio in concorso e porto di armi e oggetti atti a offendere. Resta da chiarire il movente dell’attacco, che non sembrerebbe riconducibile a precedenti contrasti o a dinamiche di gruppo note alle forze dell’ordine.
L’episodio si inserisce in un quadro sociale che negli ultimi anni mostra segnali allarmanti. La violenza giovanile a Napoli e in molte aree metropolitane del Sud Italia sta assumendo forme sempre più precoci e crudeli.
Non si tratta solo di “baby gang” organizzate, ma anche di micro-conflitti esplosi per motivi futili, spesso amplificati da dinamiche di gruppo, sfide social o semplici rivalità scolastiche.
Secondo recenti dati del Ministero dell’Interno e dell’Osservatorio sulla devianza minorile, il numero di minori denunciati o arrestati per reati violenti è in aumento, con un incremento di oltre il 20% negli ultimi cinque anni.
A Napoli, dove il tessuto urbano mescola disagio sociale, abbandono scolastico e la presenza radicata di modelli criminali, il fenomeno assume contorni ancora più complessi.
Molti esperti parlano di una “perdita di percezione del limite” tra i giovani, acuita da una cultura dell’emulazione e dell’apparenza. La violenza diventa linguaggio, strumento di affermazione, simbolo di forza. Ma dietro questi gesti c’è spesso un vuoto educativo, una solitudine mascherata da sfida.
La vicenda dei tre adolescenti denunciati a Napoli è solo l’ultimo campanello d’allarme. Dietro i numeri e le cronache c’è una città che tenta di ricucire il legame tra i ragazzi e la legalità, tra scuola e strada, tra libertà e responsabilità.
Un compito che non spetta soltanto alle forze dell’ordine o alla magistratura minorile, ma a tutta la comunità educativa: famiglie, istituzioni e società civile.
Perché ogni volta che un minore impugna un’arma, anche un semplice coccio di bottiglia, non è solo un reato che si compie — è una ferita inferta al futuro stesso della città.