Un’altra morte dietro le sbarre scuote Napoli. Alhagie Konte, 27 anni, cittadino del Gambia detenuto nel carcere di Poggioreale, è morto alcuni giorni fa all’ospedale Cotugno per una tubercolosi in stato avanzato. Il giovane, secondo quanto denunciato dal movimento rifugiati e migranti di Napoli, non avrebbe ricevuto un’assistenza sanitaria tempestiva nonostante i sintomi evidenti che, da settimane, segnalavano il rapido peggioramento delle sue condizioni.
“Forti dolori, tosse persistente, un evidente stato di debilitazione: nessuno è intervenuto fino a quando i compagni di cella non hanno chiesto aiuto”, scrive il movimento in una nota. Solo allora Alhagie sarebbe stato trasferito nella medicheria del carcere e poi al Cotugno, quando ormai era troppo tardi.
La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta per fare chiarezza, disponendo il sequestro della salma e delle cartelle cliniche per verificare eventuali responsabilità del sistema penitenziario e sanitario.Potrebbe interessarti
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“Come è possibile morire di tubercolosi in carcere, nel 2025, nelle mani dello Stato?”, si domanda il movimento migranti, ricordando come Alhagie fosse parte attiva della loro comunità fin dal 2018. “Era un ragazzo allegro, generoso, impegnato. Aveva ripreso a studiare, credeva nel futuro. La sua morte è un dolore profondo e una vergogna per le istituzioni”.
La vicenda di Alhagie, sottolineano gli attivisti, non è un caso isolato. In pochi mesi, altri detenuti e migranti sono morti in condizioni simili: Mamadou Sylla a Santa Maria Capua Vetere, Moussa Diarra a Verona, Ousmane Sylla nel Cpr di Ponte Galeria. “Queste morti – scrivono – raccontano un sistema che abbandona, che discrimina, che uccide. Se sulla carta la pena di morte in Italia non esiste, sappiamo bene che di carcere e di Stato si può ancora morire. Soprattutto se sei povero, solo, straniero”. La comunità migrante di Napoli ha avviato una raccolta fondi per rimpatriare la salma di Alhagie e sostenere la sua famiglia in Gambia.
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