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Le Sibille di Cuma: miti e profezie dalla Campania antica

Nel cuore della Campania antica, fra suggestivi paesaggi vulcanici e coste solcate dal mare tirrenico, si staglia la figura leggendaria della Sibilla Cumana.
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Nel cuore della Campania antica, fra suggestivi paesaggi vulcanici e coste solcate dal mare tirrenico, si staglia la figura leggendaria della Sibilla Cumana. Non si tratta soltanto di una figura mitica, ma di un vero e proprio punto d’incontro tra storia, religione e poesia: una sacerdotessa-oracolo che incarnava l’anelito umano a conoscere il futuro e a dialogare con gli dèi. La sua fama permise che il nome di Cuma, oggi frazione dei comuni di Bacoli e Pozzuoli, in provincia di Napoli, superasse i confini locali: Cuma divenne simbolo di un’“antica sapienza” e i miti di Cuma antica continuarono a ispirare poeti, filosofi e viaggiatori nel corso dei secoli.

L’“antro della Sibilla”, la galleria sotterranea attribuita alla sacerdotessa, è una delle attrazioni più suggestive del Parco Archeologico dei Campi Flegrei. Qui, secondo la tradizione, avvenivano le consultazioni oracolari: foglie su cui venivano redatti i vaticini venivano trasmesse ad un vento sotterraneo che confondeva le parole, rendendo le profezie sibilline enigmatiche e ambigue. Questo alone di mistero ha nutrito l’immaginazione e la fama della Sibilla nel mondo romano e medievale

Origini e contesto: Cuma, colonia della Magna Grecia

Cuma, in greco Kýmē (italianizzato in Cuma), è considerata la prima colonia greca nel territorio italiano occidentale. La sua fondazione è tradizionalmente datata intorno all’VIII secolo a.C., probabilmente tra il 740 e il 730 a.C. (alcune fonti parlano anche di 750 a.C.). Gli storici e le fonti antiche (come Strabone e Dionisio di Alicarnasso) attribuiscono l’iniziativa a coloni provenienti dall’isola di Eubea (dalle città di Calcide ed Eretria) o all’unione con elementi eolici di Cuma, nell’Asia Minore.

Sin dai primi decenni, Cuma seppe sfruttare la sua posizione strategica: posta su un promontorio che dominava la pianura campana e con accesso al mare, si inseriva in rotte commerciali tirreniche e manteneva rapporti con popolazioni indigene vicine. La città estese presto il suo controllo sul litorale flegreo, su Miseno e Puteoli, e arrivò a fondare sub-colonie, consolidando la sua egemonia regionale.

Funzione religiosa, culturale e geopolitica

L’importanza di Cuma non era solo commerciale: già in età arcaica si costituì come centro religioso e mantico, elemento che rendeva irresistibile la sua attrazione per profeti e sacerdotesse. La presenza dell’oracolo affidato alla Sibilla si inserisce in questo quadro di città “sacra”. Secondo la tradizione, l’antico Antro della Sibilla si trova sotto l’acropoli e collega, attraverso una lunga galleria, il tempio di Apollo al cuore della città. Questa struttura sotterranea, lunga circa 131 metri, è stata identificata dall’archeologo Amedeo Maiuri nel 1932, sulla base delle descrizioni virgiliane dell’Eneide. Gli archeologi hanno scoperto che la galleria presenta pareti a sezione trapezoidale con aperture luminose e un ambiente finale che probabilmente fungeva da camera oracolare. Tuttavia, alcuni studiosi propongono luoghi alternativi (ad esempio, un sistema ipogeo nei pressi di Baia) come possibile sede dell’oracolo, in virtù della conformazione geotermica e della presenza di flussi sotterranei che evocano ambienti infernali.

Nel corso del tempo, Cuma divenne teatro di dominazioni diverse (sanniti, romani, bizantini), ma mantenne sempre una forte impronta culturale legata al mito e alla memoria della Sibilla Cumana. Virgilio, nell’Eneide, colloca l’eroe troiano Enea davanti al portale della Sibilla prima di discendere nell’oltretomba, concependo Cuma come centro simbolico di mediazione tra il mondo terreno e l’inferno.

La Sibilla Cumana: voce dell’oracolo e natura delle profezie

Il fascino più potente della Sibilla Cumana risiede nelle sue profezie che le permise di incarnare un ponte fra gli dèi e il mondo umano. Le fonti antiche e la tradizione letteraria offrono varie versioni sul suo metodo e sulla natura dei suoi responsi.

Secondo una delle leggende più note, Apollo amò la Sibilla e le concesse un desiderio in cambio della sua devozione.

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Ella chiese di vivere tanti anni quanti granelli di sabbia stringeva in mano. Il dio esaudì la richiesta, ma negò l’eterna giovinezza: così la sacerdotessa visse a lungo, ma il corpo si atrofizzò fino quasi a scomparire, finché rimase come una “voce” sospesa nel tempo. In Ovidio si narra che il suo corpo, progressivamente ridotto, fu infine conservato in un’“ampolla” (un recipiente), con la sola voce residua. Nel “Satyricon” di Petronio è citata l’immagine della Sibilla sospesa in un cesto (o in un contenitore), alla domanda dei ragazzi che le chiedevano cosa volesse, essa rispose semplicemente: «Voglio morire». Questo topos poetico segnala la tragedia di una figura che desidera la fine dopo una longevità tormentata.

Scrittura, vento e ambiguità

Le profezie sibilline erano spesso trascritte su foglie, tavole o tavolette: secondo le fonti, la Sibilla scriveva i vaticini su foglie di palma o simili supporti in esametri greci. Il problema era che, nell’antro oracolare attribuito a Cuma, i venti sotterranei soffiavano attraverso numerose aperture che mischiavano le foglie, rendendo difficile ricomporre l’ordine originale del responso. Da qui l’aggettivo “sibillino” (enigmatico, oscuro) per indicare un linguaggio volutamente oscuro e polisemico. Virgilio, nell’Eneide (libro VI), ritrae la Sibilla come guida di Enea verso l’oltretomba, facendo emergere la sua funzione non solo profetica ma anche mediatrice fra i mondi dei vivi e dei morti. In quel passo, la Sibilla avverte Enea che la discesa non è un gesto semplice, che il viaggio sarà periglioso e che dovrà offrire un sacrificio, seguire rituali e ottenere un ramo d’oro per passare l’accesso agli inferi. Un ulteriore elemento narrativo è la richiesta di sacrificare sette tori, compiere riti e invocare divinità chthonie (come Persefone o Proserpina) durante la consultazione oracolare.

I Libri Sibillini e l’offerta a Tarquinio

Un episodio cardine della tradizione riguardante la Sibilla Cumana è la leggenda dell’offerta dei Libri Sibillini al re di Roma, Tarquinio il Superbo. Stando alle fonti latine (come Varrone, Gellio, Dionigi di Alicarnasso), la Sibilla offrì al re nove volumi di profezie al prezzo di 300 tagli (monete preziose). Il re rifiutò, ella bruciò tre libri e ripropose i sei rimasti allo stesso prezzo. Tarquinio rifiutò di nuovo, e allora la Sibilla bruciò altri tre libri, lasciandone in vendita solo tre al prezzo originario, che alla fine il re accettò. Quei Libri Sibillini, acquistati dal re, furono conservati nel tempio di Giove sul Campidoglio e consultati dai Romani solo nelle emergenze pubbliche (calamità, guerre). Quando il tempio andò distrutto (83 a.C.), i libri furono anch’essi persi e si procedette a ricostituirli raccogliendo oracoli da varie regioni dell’impero.

Così, la Sibilla Cumana divenne parte integrante del patrimonio oracolare romano: le sue profezie, sebbene spesso oscure, venivano invocate nei momenti decisivi della storia della città e dello stato.

Sibilla Cumana

miti di Cuma antica

Le profezie della Sibilla Cumana e i miti di Cuma antica

Scopri la storia e le leggende della Sibilla Cumana, l’oracolo di Cuma, e lasciati affascinare dai miti di Cuma antica tra archeologia, letteratura e profezie millenarie.

Articolo pubblicato il 11 Ottobre 2025 - 14:30 - Matteo Setaro

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