L'ospedale di Pozzuoli dove sono state ricoverate alcune persone
Pozzuoli – Un pranzo domenicale trasformato in un incubo. Nove persone, tra cui due minorenni, sono finite ieri in ospedale dopo aver accusato violenti sintomi di intossicazione alimentare presso il ristorante "Da Emilio", in via Trepiccioni.
Un caso che riaccende i riflettori su un tema cruciale per la sicurezza dei consumatori: la tracciabilità dei frutti di mare.
La dinamica è quella tipica delle tossinfezioni alimentari. A poche ore dal pasto, i commensali sono stati colpiti da un malore improvviso con sintomi inequivocabili: vomito, diarrea acuta, dolori addominali crampiformi e sudorazione. La situazione più critica è stata quella di un uomo, che ha accusato un momentaneo annebbiamento della coscienza, facendo temere il peggio.
L'allarme è scattato immediatamente, portando sul luogo tre ambulanze del 118. I soccorritori hanno stabilizzato i pazienti e ne hanno trasferiti quattro all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli. Altri cinque, dopo le prime cure, hanno rifiutato il ricovero al nosocomio di Giugliano; tra questi, due ragazze di 14 e 16 anni. Le condizioni di tutti, per fortuna, non sembrano critiche.
Sul caso sono immediatamente intervenuti i Carabinieri della Radiomobile di Pozzuoli e, soprattutto, i Nuclei Antimicrobi e Antisofisticazioni (NAS) dei Carabinieri. Le prime verifiche puntano il dito contro un consumo di frutti di mare crudi o poco cotti, verosimilmente cozze o ostriche, ordinati dai clienti.
Proprio qui entra in gioco il principio cardine della sicurezza alimentare: la tracciabilità. I militari del NAS, applicando le stringenti normative del "pacchetto igiene", hanno posto sotto sequestro la cucina e le sale del ristorante, disposto la chiusura cautelativa del locale e avviato accertamenti approfonditi.
L'obiettivo è ricostruire l'intera filiera dei prodotti ittici serviti: origine, lotto di provenienza, data di raccolta e di conferimento. I frutti di mare, infatti, sono "organismi filtratori" e possono accumulare batteri, virus o biotossine marine (algali) se allevati in acque non sicure o non controllate. Senza un'etichettatura chiara che ne certifichi la provenienza da zone classificate e idonee alla molluschicoltura (A, B o C), è impossibile garantire la sicurezza del consumatore.
Questo episodio drammatico serve da monito. La tracciabilità non è un mero adempimento burocratico, ma l'unico strumento che permette di risalire alla fonte di una contaminazione, di ritirare dal mercato lotti pericolosi e, in definitiva, di salvare vite umane.
Le verifiche dei NAS mirano proprio a stabilire se il ristorante "Da Emilio" fosse in possesso dei documenti necessari a garantire la piena rintracciabilità di quei frutti di mare
. L'assenza di queste documentazione costituirebbe una gravissima negligenza.L'indagine ora seguirà due binari: le condizioni igienico-sanitarie del locale e, ancor più importante, il percorso a ritroso dei prodotti ittici, dal piatto al mare, per scoprire dove la filiera si è interrotta e ha permesso a un prodotto potenzialmente pericoloso di arrivare in tavola.