Banda di pusher estortori smantellata a Napoli
Napoli — Un debito contratto per l’acquisto di droga che, nel giro di poco tempo, sarebbe lievitato da 30mila a ben 80mila euro. Una somma abnorme, imposta con intimidazioni e minacce crescenti, al punto da spingere la vittima — una donna — a vendere l’abitazione in cui viveva pur di far fronte alle pretese estorsive.
La vicenda, dai contorni drammatici e carichi di degrado sociale, emerge da un’indagine della Squadra Mobiledi Napoli, diretta dal dirigente Giovanni Leuci e dal vice questore Antonio Serpico, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Gli investigatori hanno arrestato quattro persone — una in carcere e tre ai domiciliari — accusate a vario titolo di tentata estorsione e spaccio di stupefacenti.
In manette sono finiti: Angelo Cuomo, 54 anni (per lui il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere), la moglie Amelia Piaggio, 43 anni, Marco Franzese, 41 anni e Michele Pistillo, 48 anni. Gli ultimi tre ai domiciliari.
Due di loro sono stati arrestati mentre si trovavano in vacanza a Schiavonea, in Calabria: ad intervenire, in collaborazione con la polizia di Napoli, sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Cosenza.
A far partire l’inchiesta è stata la stessa vittima, una donna residente nel quartiere Vasto, nella zona della Ferrovia, che si è rivolta alle forze dell’ordine dopo essere stata ripetutamente tormentata da telefonate minacciose e citofonate pressanti.
La donna ha raccontato agli agenti di aver acquistato sostanze stupefacenti dal gruppo di arrestati e di essere caduta in un vortice di minacce continue, aggravate dal fatto che il debito, invece di restare fermo a 30mila euro, era stato arbitrariamente aumentato a 80mila, probabilmente con l’obiettivo finale di sottrarle l’abitazione.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il gruppo avrebbe quindi messo in atto una vera e propria strategia estorsiva, approfittando della condizione di dipendenza della donna e costringendola a considerare la vendita della casa pur di salvarsi.
Dalle prime risultanze dell’indagine, nessuno dei quattro arrestati risulta legato a clan camorristici o a organizzazioni mafiose strutturate. Il caso, pur essendo al momento circoscritto, mostra però le dinamiche di violenza sommersa e oppressione criminale che si sviluppano anche al di fuori dei contesti tipicamente mafiosi, sfruttando vulnerabilità e povertà diffusa.
L’inchiesta è ancora in corso, ma quanto emerso sinora fotografa una realtà in cui degrado sociale e illegalità si intrecciano in un micidiale meccanismo di sfruttamento e violenza.
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