Nella foto Tina Sgarbini e Christian Persico
Montecorvino Rovella – Ha confessato davanti al giudice: “Sono stato io”. Christian Persico, 36 anni, muratore, è accusato dell’omicidio di Tina Sgarbini, 47 anni, trovata morta sabato mattina nel suo appartamento di via Monsignor Michelangelo Franchini, a Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno.
L’uomo, arrestato dai carabinieri poche ore dopo il delitto, ha ammesso le proprie responsabilità nell’udienza di convalida. Per lui il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Secondo una prima ricostruzione, Tina sarebbe stata uccisa per asfissia al culmine di una lite. A spingere l’uomo a compiere il gesto, riferisce il padre della vittima, sarebbe stata la decisione della donna di allontanarlo da casa: “Faceva i comodi suoi e non lavorava” ha detto l’anziano genitore. Una relazione lunga, ormai segnata da tensioni crescenti, che si è conclusa in tragedia.
Dopo l’omicidio, Persico si era allontanato, venendo rintracciato in serata dai militari non lontano dal luogo del delitto. Inizialmente non aveva risposto alle domande del pm, salvo poi crollare davanti al gip, ammettendo di aver ucciso Tina. Già in un biglietto lasciato ai genitori aveva scritto poche parole che suonano come una confessione: “Ho fatto una cavolata”.
Il femminicidio ha scosso profondamente Montecorvino Rovella. “La nostra comunità è sconvolta e attonita” ha dichiarato il sindaco Martino D’Onofrio. “Non c’erano denunce né segnali di pericolo. È difficile intervenire quando non emergono criticità evidenti.
Ora il nostro pensiero va ai tre figli di Tina, rimasti improvvisamente senza la mamma. Con l’Asl valuteremo ogni forma di sostegno psicologico necessario”.
Oggi, nei pressi del municipio, è comparso uno striscione: “L’amore non uccide. Riposa in pace Tina…”. Una frase che diventa grido di dolore e insieme monito contro una violenza che continua a ripetersi.
Quella di Tina è una storia che si aggiunge a una lunga lista di donne uccise da chi avrebbe dovuto amarle e proteggerle. Un copione che, di volta in volta, cambia nomi e luoghi ma non la sostanza: la violenza di genere resta una delle emergenze sociali più gravi e difficili da contrastare.
Spesso, come accaduto a Montecorvino Rovella, non ci sono denunce pregresse né segnali visibili. Eppure la cronaca ci restituisce un dato amaro: troppo spesso la fine di una relazione o la perdita del controllo diventano il pretesto per trasformare la rabbia in omicidio.
In Italia, ogni anno decine di donne vengono uccise da partner o ex partner. Oltre al dolore delle famiglie, resta la responsabilità collettiva di trasformare tragedie come questa in occasione per rafforzare gli strumenti di prevenzione, incoraggiare le denunce, educare al rispetto. Perché – come ricorda lo striscione apparso in paese – “l’amore non uccide”.
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In questa situazion ci sono molti fattori che portano a tragedie simili. E' importante analizzare non solo il delitto ma anche le dinamiche relazionali che possono sfociare in violenza, perche prevenire è meglio che curare.