Santa Maria di Sala (Venezia) e Vaiano (Prato) sono oggi i nomi da aggiungere alla lunga lista nera degli incidenti sul lavoro in Italia.
Due giovani operai, di 30 e 20 anni, hanno perso la vita cadendo in una cisterna per residui biologici mentre erano impegnati nella pulizia di una fossa. Nonostante l’arrivo dei soccorsi, per loro non c’è stato scampo: i vigili del fuoco hanno recuperato i corpi senza poter fare altro che constatare il tragico epilogo.
Poche ore prima, a 300 km di distanza, era stato registrato un altro dramma: in una tintoria di Prato, un operaio pakistano di 31 anni è stato investito da un getto di acqua e candeggina bollente, riportando ustioni gravissime.
Un collega che ha tentato di soccorrerlo è rimasto ferito a sua volta, anche se in modo meno serio. L’uomo è stato trasferito d’urgenza al centro ustionati di Pisa, mentre i carabinieri e i tecnici della Asl indagano per capire come sia potuto accadere.
Un’estate di sangue che non accenna a fermarsi
Questi due episodi non sono che l’ultimo capitolo di una stagione funesta per i lavoratori italiani, dove gli incidenti mortali sembrano ormai una tragica routine. Le cause? Macchinari obsoleti, mancata manutenzione, formazione insufficiente e, troppo spesso, una cultura della sicurezza che esiste solo sulla carta.
Quello di oggi è un bollettino di guerra che si ripete con una frequenza inaccettabile. E mentre le istituzioni promettono controlli e inasprimenti delle sanzioni, i numeri continuano a raccontare una realtà spietata: ogni giorno c’è qualcuno che non torna a casa.
La domanda è sempre la stessa: quando smetteremo di contare i morti e inizieremo davvero a prevenirli?
Articolo pubblicato da Rosaria Federico il giorno 4 Agosto 2025 - 12:34
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