Un litigio nato su Instagram per un’offesa a sfondo personale ha rischiato di degenerare in un conflitto tra esponenti dei clan Mazzarella e Papale/Ascione di Ercolano.
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Al centro della vicenda, un diciottenne estraneo alle logiche criminali, accusato di aver mancato di rispetto al reggente del clan Mazzarella, il 32enne Luciano Barattolo. La vicenda, intercettata dagli investigatori nel novembre 2023, mette in luce le dinamiche d’onore distorte che regolano i rapporti tra gruppi criminali e il territorio.
L’origine del conflitto
Il 22 novembre 2023, una conversazione intercettata alle 21:02 rivela che Luciano Barattolo, in casa della madre Giuseppina Mazzarella con Emanuele Amoroso e Stefano Capuano, discute di un litigio con un giovane di Ercolano.
Il ragazzo, contattato via Instagram, avrebbe offeso il Barattolo, ignorando i suoi avvertimenti e persino minacciando di rivolgersi alle forze dell’ordine dopo che questi aveva rivelato la sua appartenenza al clan.
“Gli ho detto il nome della mia famiglia e mi ha sfottuto”
Il motivo? Messaggi inviati a una donna, legata sentimentalmente al Barattolo. “Gli ho detto il nome della mia famiglia e mi ha sfottuto”, lamenta il Barattolo, infuriato per l’umiliazione subita.
Barattolo, indignato, dichiara di aver pensato di ammazzare il ragazzo e inizia a pianificare una spedizione punitiva a Ercolano. «Domani andiamo un cofano di noi», dice ai suoi interlocutori, annunciando l’arrivo di più uomini da Napoli per “risolvere” la questione.
Barattolo chiama Tommaso Nocerino, detto “Tommaso dell’acqua” figura nota negli ambienti malavitosi di Ercolano. È lui a fare da tramite per un incontro chiarificatore tra le parti. Nocerino cerca di calmare Barattolo, sottolineando come il giovane non sapesse con chi stesse parlando. «È un moccioso, non ha capito il nome che gli hai fatto», cerca di spiegare.
L’umiliazione come riscatto
Barattolo pretende che il giovane chieda scusa pubblicamente, davanti a decine di affiliati. Non accetta che il padre del ragazzo punisca il figlio in privato. Anzi, pretende che l’umiliazione avvenga “davanti a tutti”, in una sorta di cerimonia di sottomissione.
«Io voglio sentire con le mie orecchie le scuse», dice alla compagna. E rincara: «Se provano a giustificarsi, io me ne torno a Napoli, ma poi ognuno per la sua strada».
Il 23 novembre 2023, l’incontro avviene a Ercolano, nei pressi di “Gigino dei panini” (Via Pugliano). Presenti Luciano Barattolo, il giovane, suo padre e Giorgio Di Bartolomeo, esponente del clan Papale/Ascione.
L’umiliazione come riscatto
Barattolo pretende che il giovane chieda scusa pubblicamente, davanti a decine di affiliati. Non accetta che il padre del ragazzo punisca il figlio in privato. Anzi, pretende che l’umiliazione avvenga “davanti a tutti”, in una sorta di cerimonia di sottomissione.
«Io voglio sentire con le mie orecchie le scuse», dice alla compagna Desiree Senatore. E rincara: «Se provano a giustificarsi, io me ne torno a Napoli, ma poi ognuno per la sua strada».
Il Barattolo rimprovera il ragazzo per averlo deriso, citando anche il nome “Mazzarella” storpiato in “Mozzarella”. Di Bartolomeo difende il diciottenne, sottolineando la sua giovane età e inesperienza, ma il Barattolo insiste sull’offesa alla sua famiglia, attiva “da settant’anni”. Dopo un acceso confronto, il ragazzo porge le scuse, come sollecitato da Di Bartolomeo, chiudendo la vicenda.
A margine dell’incontro, Luciano Barattolo e Di Bartolomeo discutono di rapporti tra i clan Mazzarella e Papale/Ascione. Ricordando vecchie frequentazioni carcerarie con figure di spicco dei Mazzarella, Di Bartolomeo propone una collaborazione per il traffico di stupefacenti, offrendo una fornitura di “erba” a 3.800 euro.
Barattolo suggerisce di creare un “ponte” tra i due territori con un referente e un telefono criptato, per rafforzare i legami e gli affari. Entrambi concordano sulla necessità di una cooperazione più stretta, lamentando un allentamento dei rapporti che danneggia gli interessi comuni.
Articolo pubblicato il giorno 14 Luglio 2025 - 08:33