Il giro d’affari gestito dai tre avvocati coinvolti nel blitz che ha scoperchiato la truffa sui migranti tra Napoli e provincia, e dalla folta schiera di collaboratori è risultato essere plurimilionario. Tuttavia, il sistema non era esente da tensioni.
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Alcuni extracomunitari, sentendosi raggirati dopo aver pagato profumatamente per i “servigi” dell’organizzazione, hanno minacciato di sporgere denuncia.
Questa eventualità ha spinto Vincenzo Sangiovanni, uno dei tre avvocati ritenuti promotori dell’illecito a minacciare ritorsioni. Proprio a quest’ultimo è stata sequestrata, tra l’altro, una lussuosa Ferrari, ritenuta provento dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina.
L’enorme richiesta di domande provenienti da Bangladesh e Sri Lanka aveva però destato sospetti, tanto che l’avvocato, intercettato, ha dovuto ammettere con un collaboratore che l’affare stava diventando eccessivamente rischioso.
Le intercettazioni rivelano un’avidità sconcertante, con frasi esplicite che Sangiovanni rivolge a un certo Sami (uno dei procacciatori dei cittadini stranieri e che non è stato identificato): “Mi hai dato 200mila euro… mi dovevi dare 600mila euro… vogliono venire? Devono pagare altrimenti se ne devono andare, non faccio neanche una carta se non mi pagano”.Le indagini proseguono per far luce su tutti i dettagli di questa complessa rete criminale.
Il Business dei “Click-Day”
L’organizzazione era strutturata per sfruttare i cosiddetti “click-day”, momenti cruciali per l’invio delle richieste di ingresso per cittadini extra UE. Nelle sue fila, il gruppo annoverava “inseritori” e “cliccatori”, pronti ad agire con computer performanti e connessioni internet ad alta velocità per assicurarsi la “prelazione” nelle procedure telematiche.
Le accuse contestate a vario titolo sono pesantissime: oltre allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, si parla di estorsione aggravata dal metodo mafioso, falso ideologico e truffa.
Articolo pubblicato il giorno 10 Giugno 2025 - 22:08