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Infezioni in gravidanza, ogni anno 300 neonati con Toxoplasmosi

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Roma – Le infezioni che si trasmettono dalla madre al feto durante la gravidanza, il parto o l’allattamento rappresentano ancora oggi una minaccia sottovalutata. Patologie come toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus e sifilide possono causare danni gravi al nascituro, come sordità, ritardi nello sviluppo e cecità.

Sono le cosiddette Torch o Torches, acronimo che sta per Toxoplasmosi, Oltre (sifilide, Hiv, epatite B, varicella, parvovirus B19, ecc.), Rosolia, Citomegalovirus (Cmv), Herpes simplex virus (Hsv), Enterovirus e altri patogeni (ad es. Zika virus, streptococco gruppo B).

I numeri in aumento ei rischi per i neonati, secondo gli esperti, evidenziano l’esigenza di fare sistema e rafforzare le campagne di screening e prevenzione. Nasce per questo un network nazionale, che coinvolge istituzioni, società scientifiche, società civile e imprese, per “unire le forze e garantire l’accesso universale agli screening e alle terapie preventive”.

L’iniziativa è stata lanciata oggi a Roma in occasione del convegno dal titolo ‘La complessità delle infezioni materno-fetali e il ruolo cruciale della diagnostica nella gestione delle infezioni Torch’, organizzato su iniziativa del senatore Guido Quintino Liris, membro dell’Intergruppo parlamentare per la Prevenzione e il controllo delle Malattie Infettive, con il supporto dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli), Cittadinanzattiva, Diasorin, Federchimica Assobiotec.

“In un Servizio sanitario nazionale che può avvalersi di tecnologie, di una medicina personalizzata e predittiva e di ricerca avanzata- ha sottolineato Liris- la prevenzione e la diagnosi precoce rappresentano la chiave di volta della sostenibilità, in quanto maggiori permettono possibilità di guarigione da un lato e la tenuta dei conti pubblici dall’altro.

L’ambito prenatale costituisce uno degli elementi più complessi ma anche rilevanti della prevenzione: un intervento durante la gravidanza può fare la differenza in termini di qualità di vita, sia per la donna sia per il nascituro. la salute in una delle fasi più emozionanti ma anche delicata della vita di una donna e del suo bambino. Inoltre, in un contesto in cui le nascite sono sempre meno, è fondamentale evitare interferenze”.

Un’emergenza silenziosa: il caso del Citomegalovirus (CMV)

In Italia, tuttavia, ogni anno si osservano circa 13mila infezioni primarie da Citomegalovirus nelle donne in gravidanza. Un neonato su 150 nasce con questa infezione. Anche se solo il 10-15% mostra sintomi alla nascita, fino a 1 su 4 può sviluppare gravi conseguenze nei primi anni di vita, come sordità o ritardi nello sviluppo neuropsicomotorio.

Il Cmv è riconosciuto come il virus più comune nel causare infezioni intrauterine ed è responsabile di circa il 10% di tutti i casi di paralisi cerebrale e dell’8-21% dei casi di disturbo neurosensoriale dell’udito alla nascita, percentuale che sale al 25% entro i primi quattro anni di vita. In generale, il 30-40% delle gestanti è suscettibile al CMV e può acquisire un’infezione primaria durante la gravidanza che rimane la causa principale di trasmissione del virus da madre al feto.

Da dicembre 2023 lo screening sierologico materno per CMV in gravidanza è raccomandato dalle Linee Guida della Gravidanza Fisiologica e nel 2025 sarà inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). La terapia antivirale per prevenire la trasmissione materno-fetale del virus è già gratuita dal 2020 grazie ad Aifa; ciononostante, permane la disomogeneità regionale nello screening neonatale.

“Il Citomegalovirus rappresenta la principale causa di infezione congenita nei Paesi ad alto reddito- ha spiegato nel corso del convegno la professoressa Tiziana Lazzarotto, ordinaria di Microbiologia e Microbiologia Clinica presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, direttrice della Uoc di Microbiologia all’Irccs Aou di Bologna, e direttrice scientifica di Amcli- Grazie alle nuove Linee Guida dell’Iss e al recepimento nei Lea, ora possiamo identificare precocemente le gestanti a rischio e intervenire tempestivamente con farmaci privi di effetti collaterali per madre e bambino.

Monitorare lo stato sierologico dal concepimento fino alla metà della gravidanza è essenziale per proteggere il nascituro: il rischio neurologico è direttamente correlato all’epoca di infezione, specie nel primo trimestre”.

Toxoplasmosi in gravidanza: un rischio ancora elevato

La toxoplasmosi contratta durante la gravidanza come infezione primaria, hanno spiegato ancora gli esperti oggi in Senato, può provocare aborto spontaneo, idrocefalia, lesioni cerebrali (in particolare calcificazioni) e corioretinite, con esiti permanenti.

I rischi giungono dal consumo di carni crude o poco cotte (30-63% dei casi), insaccati, contatto con feci di gatto, che è il serbatoio naturale del Toxoplasma, terreno o acque contaminate. Lo screening è previsto dalla LEA al primo controllo prenatale e poi ogni 4-6 settimane, se risultato negativo.

“Poiché oltre il 90% delle future mamme con toxoplasmosi sono asintomatiche, è cruciale conoscere già dall’inizio della gravidanza il loro stato sierologico- ha evidenziato il professor Marcello Lanari, ordinario di Pediatria generale e specialistica presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e direttore della UOC di Pediatria all’Irccs Aou di Bologna- igiene delle mani, dieta corretta e farmaci mirati secondo prescrizione medica in caso di infezione fetale sono le armi.

È fondamentale che le donne conoscano il proprio stato sierologico per tutte le infezioni TORCH, già dall’inizio della gravidanza o meglio ancora quando la si pianifichi, al fine di adottare misure igienico-alimentari e terapie mirate per tutelare il nascituro, in considerazione del fatto che il rischio maggiore di coinvolgimento fetale è nel primo e secondo trimestre. con una possibile prognosi infausta”.

Dati di siero-prevalenza nel 2025: lo studio Amcli in arrivo

Uno studio condotto dall’Amcli, la cui pubblicazione è prevista nei prossimi mesi sulla rivista scientifica ‘Eurosurveillance’, documenta una presentata della siero-prevalenza (presenza di anticorpi nel sangue) di Cmv e Toxoplasma gondii, confermando tendenze già osservate in altri Paesi europei. Sul campione rappresentativo di donne italiane in età fertile emergono questi valori: Toxoplasma gondii: 10%; Parvovirus B19: 64%; Treponema pallidum (sifilide): 1%; Virus della Rosolia: 86%; Citomegalovirus (Cmv): 59%.

Nelle donne straniere in età fertile in Italia, invece: Toxoplasma gondii: 22%; Parvovirus B19: 57%; Treponema pallido: 1%; Virus della Rosolia: 86%; VMC: 93%. Grazie all’obbligo vaccinale pediatrico ea coperture superiori al 95%, l’Italia è stata dichiarata ‘free’ dalla circolazione endemica della rosolia a fine 2023. Ma “resta cruciale”, secondo gli esperti, lo screening in donne straniere provenienti da Paesi senza raccomandazioni vaccinali, per “prevenire casi importati”. L’attenzione maggiore si concentra dunque su Citomegalovirus e Toxoplasmosi.


Articolo pubblicato il giorno 12 Giugno 2025 - 15:45


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