Il boss Enzo D'Alessandro
Castellammare – Sono sedici gli indagati nel blitz anti camorra che stamattina ha inferto una spallata al clan D’Alessandro di Castellammare: undici sono finiti in carcere mentre altri 5 restano indagati a piede libero.
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Figura apicale di questa inchiesta condotta dai carabinieri sotto il coordinamento della Dda di Napoli, (procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Sergio Ferrigno, sostituto Giuseppe Cimmarotta) è il boss Vincenzo D’Alessandro, detto lo zio ultimo dei figli maschi del defunto padrino Michele D’Alessandro.
Con lui sono finiti in carcere anche la moglie Carmela Elefante figlia dello storico ras Anrtonio Elefante detto Muzzarella, che gestiva le casse del clan e provvedeva a pagare le famiglie dei detenuti, e il figlio Giovanni, 28 anni coinvolto nelle attività estorsive.
Ma in carcere è finito anche il geometra Angelo Schettino, 48 anni, figlio di uno storico sindacalista dell’Asl, morto alcuni anni fa. Schettino, controllava le telecamere comunali ma forniva anche indicazioni sugli appalti pubblici alla cosca.
Il pentito Pasquale Papicano in un verbale lo definisce “un vero e proprio bandito e passa le carte relative agli appalti pubblici al clan”.
E come si legge nelle circa 500 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal gip Fabrizio Finamore è stato Angelo Schettino a preparare la documentazione necessaria per il trasferimento di un immobile, nel centro storico di Castellammare simulando la compravendita a favore di Katia Scelzo. La donna, che è indagata, è la figlia di Pietro Scelzo detto ‘o nasone ucciso in un agguato di camorra sotto casa nel 2006.
Quella casa fu il compenso del clan a favore della donna che aveva reso una falsa testimonianza nel processo innanzi alla III Sezione della Corte di Assise di
Napoli a carico di Ingenito Vincenzo (cognato del boss Luigi D’Alessandro, detto
“Gigginiello”, classe 1947), quale mandante dell’omicidio del padre Pietro Scelzo.
Tra gli indagati anche il vigile urbano Salvatore Sarno, originario di Caserta che aveva favorito uno degli arrestati di oggi facendogli riavere la patente sequestrata senza mai inviarla in Prefettura.
Indagato anche Luciano Verdoliva, il pregiudicato figlio del defunto boss Peppe l’ autista, uscito dal carcere nel febbraio scorso da assolto dalla pesante accusa di omicidio di dopo quasi due anni di detenzione.
In carcere sono finiti anche Michele Abbruzzese o’ paciariello vecchio esponente della cosca e parente dei D’Alessandro, e ancora Ugo Lucchese detto “ugariello” che da giovane è stato uno dei più spietati killer della cosca.
Nell’inchiesta si analizzano una serie di estorsioni compiute ai danni di commercianti e imprenditori stabiesi come quella compita in prima persona dal boss Enzo D’Alessandro ai danni di un noto bar il cui titolare fu pestato dallo stesso “zio”. Ma anche l’aggressione ai danni di un noto pescivendolo “reo” di aver “osato” acquistare il pesce dal cugino e non dallo stesso boss.
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