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Vite infrante: 50 anni dopo la tragedia della Flobert di Sant’Anastasia

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Il progetto “Vite infrante” è uno spettacolo teatrale con musiche dal vivo. Il copione è tratto da una storia vera scritta da Fioravante Rea, le musiche sono di Carlo Faiello e la regia di Agostino Chiummariello e dello stesso Rea.

La tragedia di Sant’Anastasia

Venerdì 11 aprile del 1975, una fabbrica di giocattoli e di munizioni per uso ludico, la Flobert, esplode a Sant’Anastasia. In quel paese vesuviano della provincia di Napoli dodici operai periscono. Uno dei presenti sul luogo dell’esplosione scampa al pericolo e non muore. Il superstite, Ciro (protagonista sia della vicenda reale che del nostro spettacolo), diventerà il testimone oculare di quella tragedia e ogni anno, come un fedele custode di quella drammatica vicenda, si dà il compito politico di ricordare quell’esperienza tragica di morte sul lavoro.

Il magistrato Bruno Giordano e la sua visione sulla sicurezza sul lavoro
Credo che sia opportuno fare chiarezza a riguardo ed è preferibile dirlo con le parole del magistrato di Cassazione, Bruno Giordano, già direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Per anni si è occupato, e continua a farlo, proprio di sicurezza sul lavoro.

“La colpa non è di chi muore. La colpa è del datore di lavoro che doveva controllare, fornire gli strumenti di prevenzione, istruire e addestrare. Hanno diritto a non morire anche i lavoratori un po’ superficiali o disattenti. In tutti i casi è scientificamente impossibile che negli omicidi colposi plurimi, dove ci sono più morti sul lavoro, vi sia una distrazione collettiva. La distrazione, la disattenzione è strettamente individuale, non esiste un errore di gruppo. Quando accade una strage, significa che c’è stata una disorganizzazione o non conoscenza dei rischi e di come proteggersi.”

Il racconto teatrale della tragedia

Una volta chiarita questa visione di base sull’argomento, F. Rea ha creduto necessario scrivere un testo teatrale per poi metterlo in scena, raccontando la storia personale, dall’infanzia fino al giorno della strage, del nostro “sopravvissuto”. Narra, con un linguaggio napoletano e italiano, il vissuto di Ciro in quel piccolo paese di provincia degli anni Settanta e nello stesso tempo racconta al pubblico la storia politica, economica e ricreativa di quegli anni in Italia, tra il boom e la lotta per i diritti della classe operaia.

Il contesto storico e sociale della strage

L’intento del progetto è raccontare una strage sul lavoro in anni speciali (1975), dove la coscienza del popolo italiano era ancora vigile, e lo dimostrano le foto e gli articoli di quegli anni: trentamila persone furono presenti ai funerali dei dodici operai uccisi.

La riflessione sul cambiamento e la critica alla superficialità

L’obiettivo del testo teatrale è quello di ricordare la strage per evidenziare che a distanza di anni, fino a oggi, poco è cambiato e che come in un articolo su una rivista online, Collettiva, Roberta Lisidice scrive: “…quindi l’idea che il lavoratore sia così superficiale da essere addirittura suicida è ovviamente una scusa di comodo, per alleggerire la posizione di chi invece doveva garantire la sua incolumità e tutelarlo.”


Articolo pubblicato da Gustavo Gentile il giorno 9 Aprile 2025 - 12:14

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Commenti (3)

L’articolo è molto interessante e fa riflettere sul tema della sicurezza sul lavoro. È importante che si parli di queste tragedie per evitare che si ripetano in futuro. La storia di Ciro è toccante.

Ho trovato difficile capire bene il messaggio principale. La sicurezza sul lavoro è un tema serio, ma non so se l’approccio usato nel progetto possa risultare efficace per tutti.

La vicenda raccontata è molto tragica e mi fa pensare a quante cose non vanno nel mondo del lavoro oggi. Dobbiamo fare di più per proteggere i lavoratori e garantire loro diritti fondamentali.

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