Antonio Delli Paoli
Roma – Antonio Delli Paoli, ergastolano e figura di spicco del clan Piccolo di Marcianise, è stato estradato oggi dalla Francia e condotto in Italia.
L’uomo è giunto all’aeroporto di Fiumicino, dove gli agenti della Polizia di Stato – Squadra Mobile di Caserta, i Carabinieri della Compagnia di Marcianise e l’Ufficio di Polizia di Frontiera hanno eseguito il provvedimento di ripristino della detenzione.
Dopo le formalità di rito, Delli Paoli è stato trasferito presso la Casa circondariale di Viterbo. L’estradizione è stata disposta in seguito a un mandato di arresto europeo emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Napoli, dopo la sua evasione dal carcere di Carinola (Caserta), avvenuta il 30 dicembre 2024.
L’uomo, detenuto dal 1994 con una condanna all’ergastolo per omicidio aggravato dal metodo mafioso, non aveva fatto rientro in carcere al termine di un permesso premio concesso dal magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e condotte da Polizia di Stato e Carabinieri, hanno portato alla localizzazione e all’arresto di Delli Paoli il 15 gennaio scorso a Strasburgo, in Francia. L’uomo era stato individuato mentre prendeva parte a una manifestazione di protesta dinanzi al Parlamento europeo.
Antonio Delli Paoli è considerato un esponente storico del clan Piccolo, noto anche come “Quaqquaroni”, parte del cartello criminale dei Casalesi. La fazione, attiva a Marcianise e nella provincia di Caserta, è stata protagonista di una sanguinosa guerra di camorra con il clan rivale Belforte, alias “Mazzacane”, tra il 1986 e il 2007.
Il conflitto, scaturito dalla contrapposizione tra la “Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo e la “Nuova Famiglia”, ha provocato decine di omicidi per il controllo del territorio.
Delli Paoli, noto con il soprannome di “Pullastriello”, fu tra i principali oppositori della N.C.O. di Cutolo. La sua condanna all’ergastolo è legata all’omicidio di Salvatore Ruocchio, avvenuto ad Ardea (Roma) il 27 giugno 1990, per il quale fu riconosciuto colpevole dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma nel 1993.
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