Pistola e braccialetto elettronico
Napoli. Chi ha fornito la pistola al killer della Duchesca? Chi lo ha aiutato a scappare a Milano? Chi lo ha ospitato? Ma anche chi lo ha aiutato o spiegato come disattivare il braccialetto elettronico che portava essendo agli arresti domiciliari a Minturno?
Sono tutte le altre domande che si stanno facendo gli investigatori sulla figura di Amtonio Amoroso, 37enne che il pomeriggio del 30 settembre scorso ha ucciso, davanti a decine di persone e sotto gli occhi terrorizzati del figlio della vittima, un bimbo di 11 anni, lo zio acquisito Luigi Procopio detto o’ ricchin.
Ieri, accompagnato dal suo avvocato Mauro Zollo, è stato sentito dal gip per l’udienza di convalida, nel corso della quale ha deciso di non rispondere. La difesa ha intenzione di studiare le prove in mano alla Procura per poi dedicarsi al Tribunale del Riesame. Perché al suo assistito viene anche contestata la premeditazione del reato.
Ma c’ è anche un altro aspetto di questa vicenda: come e perché è maturato il debito di Procopio nei confronti del nipote acquisito che dallo scorso anno aveva deciso di vivere agli arresti domiciliari a Minturno nel Basso Lazio.
E si cerca anche l’arma del delitto che non è stata ancora recuperata. Arma che potrebbe dire molto sui complici o su chi quantomeno ha aiutato il killer della Duchesca.
E poi perché andare a Milano? Quali complicità e quali coperture aveva? Il lavoro degli investigatori ora è trovare le risposte per incastrare anche i complici di Antonio Amoroso.
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