foto di repertorio
Per 9 ragazzi su 10 c’è un concreto rischio per i loro coetanei di essere “vittime” in rete, ma quando si chiede loro di indicare se esista un possibile rischio di vittimizzazione on-line per sé stessi solo 5 su 10 valutano questo possibile rischio come medio-alto. È uno dei risultati del progetto di educazione alla legalità “Nei panni di Caino per capire e difendere le ragioni di Abele” presentati oggi nel corso dell’evento conclusivo alla scuola superiore di polizia, a Roma. Si tratta di un’iniziativa frutto di un partenariato tra la polizia e l’università La Sapienza che ha coinvolto 1.631 studenti tra i 14 e i 19 anni di 80 istituti scolastici di secondo grado delle Regioni Pon Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Sicilia.
L’obiettivo era quello di creare un filo conduttore tra le forze di polizia e i giovani che vivono in contesti a rischio devianza e con un elevato livello di criminalità. Nel corso del progetto sono stati utilizzati visori in 3D che hanno permesso ai giovani di immergersi in 12 scenari virtuali di illegalità.Tra le tematiche scelte: l’hate speech, le challenge, disturbi alimentari, bullismo e cyberbullismo.La ricerca ha visto coinvolti e coinvolte il 52.8% di ragazzi e il 47.2% di ragazze. Su una scala da 0 a 10, l’86% dei partecipanti raccomanderebbe questa esperienza formativa con l’utilizzo di scenari virtuali.
Dai risultati è emerso che soprattutto le ragazze percepiscono come maggiormente probabile un concreto rischio per i loro coetanei di scambiare confidenze e immagini private con degli sconosciuti, 8 su 10. Il 79.8% ritiene che possano verificarsi diffusioni di immagini non autorizzate on-line e su canali social tra coetanei. “È uno dei progetti che dobbiamo cercare di implementare nel settore della formazione. Abbiamo, purtroppo, dati statistici che non sono assolutamente confortanti, c’è un incremento soprattutto nella parte dei minori di 14-17 anni di commissione di reati violenti.
Si tratta di una fascia di età che va seguita con una particolare attenzione”, ha sottolineato il capo della polizia Vittorio Pisani. Per quanto riguarda il visore 3D, viene utilizzato “per far comprendere in modo profondo e quindi emotivo ai giovani che cosa vuol dire subire azioni terribili”, ha spiegato la direttrice del Dipartimento di psicologia della Sapienza Università di Roma, Anna Maria Giannini. “Il progetto – ha aggiunto – deve portare a considerare le conseguenze della propria azione”. All’evento, tra gli altri, presenti anche l’atleta paralimpico delle Fiamme Oro Manuel Bortuzzo e il regista Alessandro Celli, della serie Netflix DI4RI, testimonial dell’evento.
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