Un nuovo capitolo si apre nella vicenda giudiziaria che vede coinvolto l’ospedale partenopeo per la morte di un giovane di 25 anni, avvenuta il 9 aprile 2019. Il Tribunale Civile di Napoli, presieduto dal giudice Claudia Colicchio della VIII sezione civile, ha disposto un’ulteriore consulenza tecnica in merito al caso che ha scosso l’opinione pubblica e sollevato dubbi sulla correttezza delle procedure mediche adottate.
Il giovane, identificato solo con le iniziali A.F., era stato ricoverato il 28 marzo 2019 a seguito di una grave crisi, definita dai medici come “pantoclastica”. La decisione di ricoverarlo era stata presa dalle forze dell’ordine, che avevano assistito alla scena e chiesto l’intervento del 118. Nei giorni successivi al suo ingresso in ospedale, A.F. è stato soggetto a più episodi critici, trattati con la somministrazione di farmaci e terapie specifiche, fino alla tragica conclusione.
Al centro del dibattito giuridico, sollevato dagli avvocati della famiglia del defunto, Amedeo Di Pietro e Alessandro Milo, vi è la legittimità del Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso) applicato al giovane. Secondo la difesa, tale trattamento sarebbe stato effettuato senza le necessarie autorizzazioni previste per legge, compresa l’ordinanza sindacale indispensabile per procedere.
La vicenda si complica ulteriormente alla luce delle rivelazioni fatte dai legali riguardo alla presunta incompatibilità della psichiatra incaricata dagli inquirenti per una precedente consulenza. La professionista, che ha lavorato per trent’anni all’interno dell’ASL Napoli 1, ente responsabile della gestione dell’ospedale dove è avvenuto il decesso, potrebbe rappresentare un conflitto di interessi, mettendo in dubbio l’obiettività del suo parere.
In attesa della nuova perizia, ordinata per fare chiarezza sulla dinamica degli eventi e sulla regolarità delle procedure sanitarie adottate, il processo è stato rinviato al prossimo 26 settembre. La famiglia di A.F. spera che questa nuova fase dell’indagine possa offrire le risposte tanto attese e far luce su una vicenda che ha toccato profondamente la comunità locale, sollevando interrogativi sulla sicurezza e sull’efficacia dei protocolli medici in situazioni di emergenza psichiatrica.
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