“Era la sera del 23 settembre 1985 quando la notizia dell’omicidio di Giancarlo Siani irrompeva nei notiziari italiani. Era la prima volta che la camorra colpiva un giornalista, ritenuto ‘colpevole’ di aver indagato nel sottobosco criminale alla ricerca di collusioni tra criminalità organizzata e le amministrazioni locali”.
Così, in un intervento sul Messaggero, la premier Giorgia Meloni. “Giancarlo – prosegue – faceva il cronista, precario, nella provincia di Napoli, ne ha descritto il volto più cupo, ma era convinto che il destino di quei territori non fosse segnato. Così come non è segnato il destino di Caivano, uno dei tanti territori italiani dove lo Stato ha smesso semplicemente di fare il suo lavoro e di adempiere ai suoi doveri”.
“I cittadini di Caivano, e di tutte le zone franche della nostra Nazione – scrive Meloni – hanno il diritto di pretendere che lo Stato torni ad assumersi le proprie responsabilità. Lo Stato deve tornare a fare lo Stato. Non deve più indietreggiare. Deve rispondere colpo su colpo alle ‘paranze’, agli atti intimidatori e a chi vorrebbe che a Caivano non cambiasse nulla e offrire una risposta organica in termini di educazione, aggregazione, formazione e legalità. Vogliamo che Caivano diventi un modello, da esportare nel resto d’Italia”.
“Non sarà un cammino semplice – conclude Meloni – ma io credo che una politica seria debba mettere la faccia sulle cose difficili invece che su quelle facili. Lo faremo anche nel nome di Giancarlo Siani, e del suo insegnamento: ‘Mai in ginocchio, sempre in piedi'”.
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