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Scompenso cardiaco, quasi 300 mila malati in Campania

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Scompenso cardiaco, quasi 300 mila malati in Campania. Bene nuove cure domiciliari ma molti pazienti in ospedale.

Potenziare l’assistenza sul territorio, potenziare le cure domiciliari, creare sinergie con specialisti ambulatoriali e medici di famiglia.

E’ questa la ricetta per garantire la presa in carico corretta dei malati di scompenso cardiaco ed evitare gli approdi impropri in ospedale e in pronto soccorso. In Campania ci sono 1,5 milioni di malati cronici ultra 65enni (dati Epicentro) e le cardiopatie sono il 35%.

Dunque circa 280mila pazienti cronici non possono essere sostenuti e l’unica risposta è l’ospedale Cher però sono affollati e e creano disagi a tutta l’utenza critica. Nuove cure innovative inoltre ed efficaci arrivano solo a una piccola frazione di pazienti. Una caduta assistenziale, costosa, inutile e inappropriata.

Secondo Ada Maffettone, responsabile dell’ambulatorio su obesità, diabete, dislipidemie dell’azienda ospedaliera Colli e presidente eletto Fadoi-Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti – lo scompenso, considerato una malattia cronica come il diabete, e dunque di competenza territoriale, entra troppo spesso nell’alveo delle cure ospedaliere: “la più frequente prestazione ospedaliera dei reparti di Medicina Interne riguarda proprio lo scompenso.

In Italia ci sono 1.052 Medicine interne, 52 in Campania e in Medicina interna vediamo la maggior parte dei pazienti perché gli internisti che coprono tutta la clinica hanno più posti letto disponibili, il 15% circa e il 16% dei ricoveri acuti arrivano qui. Il paziente scompensato arriva in ospedale ma non vuole venire e si crea un corto circuito.

I diabetici e gli scompensati sono il 17% dei nostri pazienti ma non dovrebbero proprio arrivare in corsia ed essere trattati sul territorio da specialisti e medici con i nuovi farmaci. Dal nuovo decreto 77 di riordino del territorio mi aspetto tantissimo ma qual è l’attuabilità?”.

“La peculiarità della Campania è che le riospedalizzazioni dopo le dimissioni sono molto più frequenti rispetto ad altre regioni quindi il tema vero, oggi, è una maggiore interattività tra ospedale e territorio”.

Queste le parole del Consigliere regionale Giovanni Porcelli intervenuto a una tavola rotonda di Motore Sabità sul tema. “Raccolgo le indicazioni che sono arrivate da questo incontro che saranno oggetto di discussione nei tavoli istituzionali”.

E poi l’imperativo: “Non possiamo aspettare le Case e gli Ospedali di Comunità o una riorganizzazione più complessiva, di edilizia sanitaria, senza assunzioni di personale sanitario non prevista dalla spesa corrente del mi intero. Ciò crea gravi diseconomie e una scarsa qualità dell’assistenza”.

Bisogna puntare sui distretti e sull’assistenza domiciliare dicono Antonella Guida e Stanislao Napolano, rispettivamente responsabile Sanità di Eumed Centro Studi Regione Mezzogiorno-Regione Mediterranea e presidente dell’associazione italiana cure domiciliari – per dare una mano ai medici ospedalieri, e garantire una equa distribuzione delle risorse”.

Lo scompenso cardiaco è comunque spesso associato ad altre malattie del sistema cardio-nefro-metabolico come il diabete di tipo 2 e le malattie renali. Lo scompenso cardiaco colpisce circa 15 milioni in Europa, con una prevalenza nota dell’1-2% ma oltre il 10% in quelli di età superiore ai 70 anni e una incidenza pari a 5/1.000 all’anno considerando solo popolazione adulta.

È una patologia cronica con esito fatale nel 50% dei pazienti entro cinque anni dalla diagnosi. In Italia è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni con un impatto non solo clinico, ma anche sociale ed economico molto rilevante (su 1 milione di persone causa di circa 190mila ricoveri l’anno con una spesa di circa 3 miliardi € annui per l’85% dovuto a ricoveri, e spesa media/paziente oltre 11.800 € l’anno).

Il Focus è sull’uso in clinica dei nuovi farmaci. “Dal 2015 c’è questa attenzione molto forte alle Glifozine, inibitori selettivi del Sglt2 – ha spiegato Gerolamo Sibilio, Segretario regionale Anmco-Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri – utilizzati nei diabetici, in quel periodo stranamente diedero luogo nei pazienti a una grossa riduzione dello scompenso.

Il dato epidemiologico è che il 55% delle persone con scompenso a frazione di eiezione preservata, secondo le linee guida americane, sono candidate ad avere un supporto all’uso degli inibitori del Sglt2, sia come monoterapia sia in terapia di combinazione in quei pazienti con diabete di tipo 2 che hanno dimostrato, attraverso numerosi studi, di averne benefici aggiuntivi come la riduzione della pressione arteriosa e dei ricoveri per scompenso (-35%), il rallentamento del declino della funzionalità renale (-39%), la mortalità per tutte le cause (-32%) oltre a giovarsi di un elevato profilo metabolico.

Il problema è la rete tra ospedale e territorio. Servono sinergie con specialisti ambulatoriali e medici di medicina generale”. In sintesi c’è l’importanza dell’utilizzo precoce di questi farmaci molto maneggevoli nella pratica clinica con esiti molto favorevoli.

“È importante e cruciale la interdisciplinarietà e i percorsi di cura più fluidi – ha concluso Gerolamo Sibilio -. C’è poi l’aspetto diagnostico: come la Troponina è un segno dell’infarto, il BNP insieme al NT-proBNP (proteina prodotta dal cuore quando eccessivamente affaticato) è un segno dello scompenso”. Un risultato superiore ai valori di riferimento di questo parametro dunque suggerisce la presenza di scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca; tanto maggiore è il valore, tanto più grave è la patologia.


Articolo pubblicato da Redazione il giorno 23 Dicembre 2022 - 17:12

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