Napoli, vittima di trasfusione infetta aspetta da 10 anni il risarcimento. L'avvocato Angelo Pisani: "Cè malasanità ma anche la malaburocrazia".
Una trasfusione di sangue infetto quando era appena neonato l'ha portato fino al trapianto di fegato e malgrado gli sia stato riconosciuto un risarcimento da un milione e mezzo di euro a distanza di oltre dieci anni non ha ancora visto neppure un euro.
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Le gravi condizioni in cui versava l'hanno costretto a un trapianto di fegato, a cui si è sottoposto, nel 2003, negli Stati Uniti. Nel 2011, quando aveva 42 anni, decise di rivolgersi alla Giustizia che gli ha sempre dato ragione: lo stesso anno, il Tribunale di NAPOLI, ha condannato il Ministero della Salute a versare un milione e 500mila euro a titolo di risarcimento ritenendo sussistente il nesso di causalità tra i danni fisici riportati dal 53enne e le trasfusioni a cui venne sottoposto.
Anche la Corte di Appello di Napoli prima, nel 2015, e la Suprema Corte di Cassazione poi, nel 2020, hanno confermato la condanna di primo grado. Ma dei soldi neppure l'ombra, malgrado i tentativi, tutti andati a vuoto di riscuoterli. "Ancora una volta bisogna parlare di malasanità e, in questo caso, anche di mala burocrazia", dice, amareggiato l'avvocato Angelo Pisani, che assiste il 53enne.
"Il danno subìto - ricorda infine il legale - è stato anche riconosciuto da parte della Commissione Medica Ospedaliera già nel 2001, in esito alla domanda di indennizzo inoltrata al Ministero della Sanità".















































































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