Camorra, smantellati i clan Fezza-De Vivo e Giugliano: 24 arresti

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Droga, estorsioni a imprenditori e tentati omicidi nella provincia di Salerno verso chi si rifiutava di pagare.

Ventiquattro persone sono finite in carcere e uno ai domiciliari, appartenenti ai clan camorristici Fezza-De Vivo di Pagani e Giugliano di Poggiomarino, indagati a vario titolo per associazione a delinquere di stampo mafioso e semplice, tentato omicidio, traffico di droga, estorsione, porto e detenzione illegali di armi, illecita concorrenza con minaccia o violenza, autoriciclaggio

L’operazione, coordinata dalla Dda di Salerno, ed eseguita da polizia, carabinieri e guardia di finanza ha colpito le due associazioni per delinquere di stampo camorristico tra loro federate, influenti sui territori dei Comuni di Pagani, Nocera Inferiore, San Marzano sul Sarno, Scafati e di altri Comuni dell’Agro Nocerino Sarnese nonché incidenti anche su alcuni Comuni della Provincia di Napoli.



    Le tre Forze di Polizia hanno proceduto all’arresto e contestuale sequestro di beni a carico di 25 soggetti, tutti destinatari della misura cautelare della custodia in carcere ad eccezione di uno degli accoliti, attualmente collaboratore di giustizia e sottoposto in data odierna agli arresti domiciliari in località protetta.

    Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Salerno e dal Reparto Territoriale Carabinieri di Nocera Inferiore, hanno colpito i clan “Fezza-De Vivo” di Pagani e “Giugliano” di Poggiomarino, organizzazioni capeggiate da soggetti, la cui federazione si ritiene costruita attorno alla figura di Rosario Giugliano detto “ii minorenne” grazie agli storici rapporti di alleanza che da sempre lo legano ai vertici delle famiglie di maggior spicco della criminalità paganese, cui gli odierni indagati d’altronde appartengono.

    Secondo quanto emerso allo stato delle investigazioni e ritenuto dal GIP ii clan Fezza-De Vivo guidato da Francesco De Vivo e Andrea e Vivo, dopo aver estromesso  Antonio Petrosino D’Auria, anch’esso storico appartenente alla consorteria criminale, ha mantenuto ii predominio assoluto sul territorio di Pagani e in buona parte dell’Agro Nocerino Sarnese, controllando ii mercato degli stupefacenti, imponendosi con richieste estorsive e riuscendo ad infiltrarsi nell’economia legale in settori particolarmente delicati.

     Il clan imponeva le sanificazioni post lock down con una ditta gestita da un affiliato

    Particolarmente pervasiva sarebbe proprio l’attività posta in essere al fine di inserirsi nel sistema economico. A tal proposito e emblematico quanto avvenuto a partire dal mese di maggio 2020, in corrispondenza del periodo successivo al primo cosiddetto “lock down”, allorquando ii clan avrebbe imposto nel settore delle sanificazioni, con metodi intimidatori e violenti quale ii pestaggio di un noto imprenditore concorrente, la cooperativa Pedema, una società gestita dal consociato  Alfonso Marrazzo e di fatto controllata, secondo l’odierno quadro accusatorio, dai vertici de! sodalizio oggetto di indagine.

     Un noto commercialista aiutava il clan a reinvestire i soldi

    Le operazioni condotte nel mercato dell’economia legale sarebbero state favorite anche dall’apporto fornito da  Brunone Tagliamonte, commercialista a cui e stata contestata l’ipotesi di concorso esterno, ii quale ha costantemente prestato la propria opera professionale favorendo consapevolmente gli interessi economici dell’organizzazione camorristica e dei suoi vertici. La sua condotta si sarebbe estrinsecata in particolare in consulenze economico-finanziarie finalizzate ad occultare e a reinvestire i proventi illegalmente accumulati.

    Altre importanti operazioni commerciali poste in essere dal clan avrebbero riguardato l’effettiva acquisizione di attività commerciali e, ancora, ii progetto – poi non portato a termine, ideato e condotto unitamente a Rosario Giugliano – di infiltrazione nel consorzio di gestione dei servizi all’interno della zona industriale del Comune di Nocera Inferiore.

     Soldi investiti i Spagna in bar e pasticcerie

    II clan Fezza De Vivo avrebbe favorito ii reimpiego dei proventi illecitamente accumulati ideando un sistema di trasferimento de! denaro all’estero, precisamente in Spagna, ove ha altresì avviato un’attività del tipo bar-pasticceria.

    Pizzo da 100mila euro a un imprenditore

    Nella imputazione accusatoria l’organizzazione criminale capeggiata da Francesco Fezza e  Andrea De Vivo non ha comunque abbandonato la tradizionale attività estorsiva, strumento di imposizione sul territorio e di esibizione della propria presenza. Sono stati documentati verosimili episodi, in forma consumata o tentata, nel corso dei quali appartenenti al clan hanno operato per sottrarre alle vittime la proprietà di locali e di attività commerciali, in un caso chiedendo inizialmente addirittura una somma pari a 100.000 euro ad un facoltoso imprenditore affinché lo stesso potesse continuare ad esercitare la propria attività sul territorio di influenza del clan.

     Rosario Giugliano ‘o minorenne dopo la scarcerazione si è stabilito a Pagani

    L’unione con Rosario Giugliano- perno della neonata confederazione risalente all’anno 2020 – ha poi permesso al clan Fezza De Vivo di aumentare la propria forza criminale.
    Lo storico camorrista, soprannominato “ii minorenne” in ragione della sua appartenenza criminale risalente all’epoca in cui non aveva ancora raggiunto la maggiore eta, faceva infatti parte dell’associazione camorristica capeggiata da Carmine Alfieri e, in particolare, della sua articolazione riferibile a Pasquale Galasso.

    I legami di Rosario Giugliano con i clan Moccia, Mazzarella e Fabbrocino

    Nella sua carriera criminale ha riportato numerosissimi precedenti penali e di polizia, tra i quali emergono – oltre all’associazione per delinquere di stampo
    mafioso – i reati di omicidio doloso, ricettazione, tentato omicidio e rapina. E stata certificata la sua vicinanza a quelli che sono gli attuali referenti di altre organizzazioni criminali, tra cui soggetti appartenenti ai clan Moccia, Mazzarella e Fabbrocino. Per i fatti ad esso attribuiti ha accumulato condanne per complessivi 227 anni, 7 mesi e 28 giorni di reclusione.

    Rosario Giugliano, scarcerato nei primi mesi de! 2020, ha fissato ii proprio domicilio a Pagani. Nonostante la distanza dallo storico centro di interessi, e accusato di aver dato vita ad un’associazione per delinquere di stampo camorristico generata nel Comune di Poggiomarino e capace di imporsi nei Comuni di Pagani, San Marzano sul Sarno, Scafati e di altri Comuni limitrofi dell’Agro Nocerino Sarnese.

    Per farlo avrebbe sfruttato l’opera, tra gli altri, di suo cognato Francesco Sorrentino detto “Giotto” – anch’egli già gravato da precedenti penali per reati di camorra e per omicidio – nonché del figlio della propria compagna, Alfonso Manzella detto “Zuccherino”, noto cantante neo melodico della zona.

    Secondo il GIP la forza e la piena operatività della confederazione hanno trovato espressione in alcune vicende documentate dalle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno.

     Il controllo e la gestione di 10 piazze di spaccio tra Pagani e  Nocera

    Sarebbe stato infatti proprio l’accordo tra i promotori delle due organizzazioni criminali a determinare un’ inversione di rotta nella gestione de! mercato degli stupefacenti, ii cosiddetto “SISTEMA” attraverso cui, stando all’impianto indiziario ritenuto valido dal Giudice cautelare, ii sodalizio autoctono paganese controllava almeno 10 diverse piazze di spaccio censite sul territorio di Pagani e a Nocera Inferiore (alcune delle quali recentemente disarticolate a seguito di mirate indagini della procura), dapprima imponendo le proprie forniture con la violenza e l’intimidazione.

    Dalla fine del 2020, ritenendo eccessivamente pericoloso occuparsi direttamente della fornitura di tutte le piazze di spaccio, il “SISTEMA”, conformandosi all’autorevole consiglio impartito dal Giugliano e – stando alle risultanze investigative – partecipando tale propria decisione ai gestori appositamente convocati, avrebbe preferito invece consentire loro di acquistare liberamente le partite di stupefacente, a condizione, perché che mensilmente venisse versato ii rateo estorsivo a favore del clan.

     Il pizzo di 200mila euro all’imprenditore Domenico Chiavazzo e il suo tentato omicidio

    E ancora, l’ esistenza di una comunione di interessi e emersa, nella ricostruzione accolta allo stato dal GIP, in relazione al tentato omicidio di Domenico Chiavazzo, titolare di fatto della cooperativa di logistica denominata OMEGA Service. Infatti ii clan Fezza- De Vivo, concorrendo con Rosario Rosario e accoliti della sua organizzazione, avrebbe tentato di ottenere da parte di Domenico Chiavazzo il pagamento di una somma di denaro pari a 200.000 euro.

    L’escalation di intimidazioni e violenze, esercitate nei confronti del destinatario della richiesta, avrebbe raggiunto ii suo apice ii 25 maggio 2020, quando Alfonso Manzella e  Nicola Liguori, nei confronti dei quali si e proceduto già nell’immediatezza del fatto, avrebbero materialmente eseguito l’agguato armato ai danni dello stesso Chiavazzo provocandone ii ferimento.

    In relazione a questi fatti Rosario Giugliano, con ii provvedimento odierno, e stato indagato sia poiché ritenuto il mandante del tentato omicidio sia per gli ulteriori reati di detenzione e porto delle armi utilizzate in quell’occasione.

    Le attività condotte nel corso delle indagini dall’Arma dei Carabinieri e dalla Polizia di Stato avevano consentito di ricostruire anche un altro tentato omicidio avvenuto nel mese di aprile 2021 verosimilmente ad opera della compagine camorristica facente capo a Rosario Giugliano. All’epoca e stato infatti eseguito ii fermo di Rosario Rosario e di Nicola Francese, poi condannati con rito abbreviato, ritenuti responsabili per l’agguato armato che aveva portato al grave ferimento di Carmine Amoruso.

     Rosario Giugliano accusato di essere il mandante del tentato omicidio di Domenico Chiavazzo

    Nella ricostruzione, allo stato ritenuta fondata, la vittima, ex collaboratore di giustizia, era stato colpito dall’azione armata in quanto ritenuto responsabile dal “minorenne” di aver cercato di imporsi con ii proprio gruppo criminale nella gestione della vendita di sostanze stupefacenti e nel mercato delle estorsioni nei Comuni di Sarno, Scafati e San Marzano sul Sarno fino a tentare di arrivare alla città di Salerno, cercando cosi di scalzare il gruppo criminale capeggiato dallo stesso Giugliano. L’attuale misura e stata applicata ad alcuni appartenenti al clan poiché indagati anche per la detenzione ed ii porto delle armi utilizzate in quell’occasione.

    Sono stati infine documentati episodi estorsivi di cui si ritiene responsabile ii gruppo facente capo a Rosario Giugliano, attività illecite gestite dal capo clan anche dopo l’arresto e nonostante le limitazioni imposte dalle restrizioni carcerarie.

    E stato infatti ritenuto che alcuni imprenditori, le cui società insistono nei territori di influenza dei clan, sono stati costretti a versare ratei estorsivi, di importo oscillante tra i 3.000 e i 5.000 euro, con cadenza mensile ed in corrispondenza delle trascorse festività pasquali.

     Il sequestro beni per un milione di euro

    Contestualmente all’esecuzione delle misure restrittive, i Finanzieri de! Comando Provinciale di Salerno stanno dando esecuzione anche ad un provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca “allargata” nei confronti degli indagati, avente ad oggetto beni immobili, autoveicoli, rapporti di conto corrente e complessi aziendali per un valore stimato, in via prudenziale, in circa € 1.000.000,00.

    Sono in corso, altresì, perquisizioni locali e domiciliari finalizzate alla ricerca di stupefacente e denaro contante, con ii supporto tecnico e l’impiego di unita cinofile specializzate delle tre Forze di Polizia.

    Le investigazioni economico-patrimoniali hanno permesso di ipotizzare una sproporzione tra ii reddito dichiarato ai fini fiscali e ii valore dei beni detenuti dagli indagati, anche per ii tramite dei loro familiari, tale da far ritenere ii patrimonio cautelato provento di attività illecite.

    Sulla base degli elementi investigativi raccolti, e stato attivato un ordine di indagine europeo, attraverso ii canale Eurojust, allo scopo di individuare ulteriori asset localizzati in Spagna sempre riconducibili agli indagati.

    La cooperazione giudiziaria promossa ha consentito di risalire a 5 aziende spagnole operanti nei settori di commercio e noleggio di autoveicoli, produzione prodotti di pasticceria e pane, import­ export di prodotti tessili nonché commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi.

    In particolare, sono stati sottoposti a sequestro sul territorio nazionale 15 soggetti economici (bar, una società operante nel settore dei rifiuti, attività di rivendita prodotti alimentari, imprese agricole, etc.), 24 autoveicoli e 6 unita immobiliari.
    Sono in corso approfondimenti su 210 rapporti bancari intestati agli indagati finalizzati a sottoporre a vincolo cautelare disponibilità finanziarie di provenienza illecita.


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