Orazio Abbamonte è il nuovo presidente della Fondazione Banco di Napoli. Giurista, classe ‘61, ha ricoperto già la carica di consigliere generale e ruoli di vertice all’interno della Fondazione.
Il nuovo presidente è stato eletto con 15 voti su 19 dai consiglieri generali presenti questa mattina durante il Consiglio riunitosi presso la sede dell’Ente, in via dei Tribunali.
I consiglieri generali hanno, dunque, eletto il nuovo Cda in carica per il prossimo quadriennio, 2022-2026, composto oltre che dal presidente Abbamonte, dalla vice presidente Rosaria Giampetraglia, professore ordinario di Diritto Civile all’Università Parthenope e direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza, e da tre consiglieri di Amministrazione: Dario Lamanna, direttore generale Unindustria Calabria e Confindustria Catanzaro; Andrea Abbagnano Trione, docente di Diritto Privato all’Università del Molise; Bruno D’Urso giudice Tributario regionale, ex presidente dell’ufficio gip del tribunale di Napoli ed ex magistrato di Cassazione.
La nuova governance si insedierà ufficialmente il prossimo 21 novembre. Nel frattempo, l’Ente continuerà ad essere guidato dall’avvocato Francesco Caia. Ente no profit, la Fondazione Banco di Napoli persegue fini di interesse filantropici, sostegno all’arte, alla cultura, all’innovazione, alla formazione e alla ricerca in sei regioni italiane: l’Abruzzo, il Molise, la Puglia, la Basilicata, la Calabria e la Campania.
Contrasto alle disuguaglianze, supporto agli invisibili e promotori di cambiamento anche culturale sono la natura della Fondazione Banco di Napoli, fondazione di matrice bancaria custode di una tradizione nata nel ‘500 con gli otto banchi napoletani; istituti nei quali confluirono i patrimoni di ordine religioso, ordini professionali, famiglie nobiliari, destinati a sollevare i poveri e gli ultimi dagli interessi dell’usura. La Fondazione conserva uno degli archivi storico bancari più antichi, importanti ed estesi del mondo.
L’Archivio Storico del Banco di Napoli conserva i documenti relativi all’attività dei banchi pubblici napoletani dal 1573. Con i suoi oltre 100 chilometri, l’archivio storico è stato candidato lo scorso nel novembre per essere iscritto al registro della memoria nel mondo all’Unesco di Parigi.
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