Fiera di Bibione, il tribunale del Riesame esclude l’aggravante mafiosa

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Il Tribunale di Trieste, in funzione di Tribunale per il riesame in materia di misure cautelari personali, decidendo sulla richiesta di riesame proposta dall’avvocato Carmine Ippolito, nell’interesse di D’Antonio Pietro, in parziale riforma della sopra menzionata ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Trieste il 6.9.2021, disponeva la sostituzione della disposta custodia cautelare in carcere, con la diversa misura
degli arresti domiciliari presso l’abitazione dell’indagato, previa diversa qualificazione di talune ipotesi di estorsione nella meno grave fattispecie di violenza privata e previa esclusione, in riferimento a tutte le fattispecie di reato oggetto di indagine, della circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416 bis punto 1) c.p.;

che il Tribunale del riesame perveniva a tali conclusioni nel presupposto che “ […] la lettura sistematica dei fatti offerta dall’impugnata ordinanza appare frutto di un’opera di soprainterpretazione dei dati oggettivi emergenti dall’attività di indagine e viziata da suggestioni verbali ed emotive, che hanno determinato una errata valutazione della realtà fattuale, che ad una lettura più fredda, asettica e distaccata porta a ridimensionare notevolmente la gravità delle condotte contestate peraltro suscettibili di una diversa qualificazione giuridica[…]”

che, in riferimento alla circostanza aggravante del c.d. metodo mafioso, il Tribunale del riesame perveniva alla conclusione che la sussistenza di tale circostanza aggravante dovesse andare esclusa nel presupposto che:

1. nelle condotte tenute dagli indagati, questi ultimi giammai risultavano avere prospettato alle persone offese una qualsivoglia loro appartenenza alla criminalità organizzata;
2. che gli indagati, in occasione delle proteste sfociate nei fatti oggetto di indagine, risultavano comunque avere mantenuto un dialogo con le istituzioni, rappresentate in loco dal comandante della Polizia Locale, il quale era riuscito ad ottenere la rimozione dei blocchi stradali;

3. che gli indagati, dalle risultanze di indagine, risultavano comunque essersi presentati semplicemente come paladini di una protesta di solidarietà nei confronti di colleghi mercatali esclusi dallo svolgimento dei mercatini organizzati a Bibione nell’agosto del 2020;

    4. che gli indagati, pure avendo fatto ricorso anche ad atteggiamenti minacciosi nel corso delle loro proteste, certamente non indulsero nella realizzazione di modalità tipiche dell’agire mafioso.
    Che la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, decidendo su ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste avverso l’ordinanza del 5.10.2021, con la quale il Tribunale del riesame aveva escluso la circostanza aggravante del metodo mafioso nei fatti oggetto di indagine ed aveva qualificato taluni episodi nelle meno gravi fattispecie di violenza privata, disponeva l’annullamento di tale ordinanza rinviando per un nuovo giudizio al Tribunale di Trieste, sezione riesame, unicamente in ordine alle determinazioni cui tale Tribunale era pervenuto in riferimento ai reati di cui ai capi 1 e 5, e all’aggravante di cui all’art. 416 bis punto 1) c.p.;

    che il Tribunale di Trieste, all’esito del giudizio di rinvio, con ordinanza emessa in data 28.7.2022, escludeva definitivamente la sussistenza, nella vicenda oggetto di indagine, della circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416 bis punto 1) c.p., pervenendo alle medesime conclusioni cui era già pervenuto il Tribunale del Riesame di Trieste, pur attenendosi ai criteri di giudizio fissati dalla Corte di Cassazione con la sopramenzionata sentenza di annullamento;

    che, nella motivazione di tale ultimo provvedimento, il Tribunale del Riesame di Trieste, tra l’altro, chiariva che, i caratteri distintivi del metodo mafioso non erano da ritenersi rinvenibili nel caso in esame, neppure tenendo conto delle dichiarazioni rese dalle vittime indicate nel provvedimento della Corte di Cassazione. Sullo specifico punto, in particolare, il Tribunale del Riesame, chiariva che i riferimenti al metodo mafioso, operati dalle vittime, più che fondati su dati oggettivamente riscontrabili, corrispondevano per lo più a “percezioni personali dei dichiaranti, forse connesse alla provenienza campana dei soggetti coinvolti (provenienza geografica più volte evocata nella dichiarazione agli atti)”;

    che, all’esito del definitivo perfezionamento del procedimento cautelare, nel procedimento pendente nei confronti del Pietro D’Antonio, è stata definitivamente esclusa la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, originariamente invece ritenuta sussistente. Pietro D’Antonio, pertanto, previa esclusione dell’aggravante del metodo mafioso, già con provvedimento emesso in data 5.10.2021, veniva dapprima sottoposto agli arresti domiciliari. Successivamente anche tale misura veniva sostituita da obblighi cautelari meno afflittivi, fino alla revoca di tutte le misure cautelari che veniva già disposta dal Tribunale del Riesame di Trieste con ordinanza emessa in data 3.3.2022.



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