Calcio, stop alle squadre con 35% di positivi

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Blocco dell’intera squadra se il numero di positivi è superiore al 35% dei componenti del gruppo atleti; isolamento per i positivi e test continui per 5 giorni per i contatti ad alto rischio, con obbligo di indossare la FFP2 se non si effettua attività sportiva, indipendentemente dallo stato vaccinale.

Il documento, che prima di diventare una circolare del governo dovrà comunque passare l’esame del comitato tecnico scientifico, fissa un principio: le partita verranno rinviate solo al raggiungimento di una soglia di positività del 35% all’interno del “gruppo squadra”. I 13 disponibili previsti come limite invalicabile di sopportazione dal precedente protocollo della Serie A non esistono più. E anche se ora la Lega lo rivenderà come una piccola vittoria contro lo strapotere disordinato delle Asl, di fatto rimette il governo in sella e l’autogestione privatistica del calcio al suo posto.

Nel nuovo protocollo è previsto l’isolamento per i positivi e test per i contatti stretti per 5 giorni con obbligo di indossare la FFP2, indipendentemente dallo stato vaccinale, ma non mentre si gioca. Soprattutto c’è una nuova interpretazione del numero dei disponibili: ora il metro è il “gruppo squadra”, nel quale non dovrebbero essere inclusi i giocatori non professionisti, i Primavera. Nella precedente versione l’unico vincolo era quello della maggiore età. Il governo impone così un limite oltre il quale la squadra può definirsi un focolaio: il suddetto 35%, oltre il quale ci si ferma.



    Una percentuale che garantisce comunque allo sport una sua unicità, perchè in pratica il governo ammette la possibilità che con il 34% di atleti positivi si continui a giocare. In Serie A, per esempio, si andrebbe avanti anche con 200 giocatori positivi. Se trasponessimo la stessa tolleranza alla “società civile”, è come se l’Italia decidesse di non fermarsi con 20 milioni di cittadini positivi. Si tratta dunque di una vera e propria “Larga Intesa”, che riguarda tutti gli sport di squadra, ma che ovviamente è stata innescata dagli inciampi della Serie A, che per stessa ammissione dei suoi dirigenti “s’è fatta trovare impreparata” dopo due anni di pandemia. Per il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini è “un punto di equilibrio ragionevole, a tutela sia del mondo sportivo che della salute pubblica”. Il governo fa carta straccia del protocollo autoprodotto dalla Lega e lo riscrive: l’ultima parola resta allo Stato.

    Fumata bianca sul documento che garantisce una procedura uniforme per tutte le ASL nella gestione dei casi di positività al Covid-19 e “il corretto e regolare svolgimento” dei campionati di vertice di calcio, pallacanestro e pallavolo. Lo ha confermato la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport, Valentina Vezzali, al termine della conferenza Stato-Regioni di questo pomeriggio. “Grazie al lavoro di squadra svolto assieme ai ministri Mariastella Gelmini e Roberto Speranza e con il Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga”, ha spiegato Vezzali in una nota, “si è giunti a un documento che consente di avere una procedura uniforme per tutte le autorità sanitarie locali e quindi di garantire il corretto e regolare svolgimento dei campionati”.

    In attesa “delle valutazioni del Comitato Tecnico Scientifico”, ha proseguito la sottosegretaria allo sport, “esprimo la mia soddisfazione per un risultato importante raggiunto attraverso l’ascolto delle esigenze del mondo dello sport, per il tramite delle Federazioni interessate, che ha permesso di dare una risposta rapida ad una esigenza emersa dalle criticità vissute in questi giorni”.

    “È un risultato di cui siamo molto soddisfatti”. Così si esprime il Presidente della FIGC Gabriele Gravina a seguito dell’approvazione della Conferenza Stato-Regioni del protocollo con le regole Covid per gli sport di squadra. “E’ frutto dell’ottimo lavoro svolto con le tutte istituzioni, in particolare col Governo, una collaborazione in cui da sempre si riconosce la nostra Federazione. Il calcio ha bisogno di dialogo, di regole chiare e di responsabilità e il nuovo protocollo nasce su queste basi. Auspico che anche il CTS riconoscerà l’impegno e gli sforzi quotidiani del nostro movimento per la tutela della salute”.


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