Tatuatore ucciso dalla camorra: ergastolo definitivo per il boss Abete e il killer

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La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per il mandante e uno dei killer dell’omicidio di Gianluca Cimminiello, il tatuatore ucciso il 2 febbraio 2010.

Il massimo della pena è stata inflitta ai due boss scissionisti Arcangelo Abete e Raffaele Aprea. Nel 2010 Gianluca pubblicò una foto sui social in cui sembrava stesse tatuando l’attaccante del Napoli Ezequiel Lavezzi, ma in realtà si trattava solo di un fotomontaggio. Un tatuatore rivale, mosso da gelosia, si rivolse al clan per dare una ‘lezione’ a Gianluca. Due persone si presentarono nel suo negozio, a Casavatore, per pestarlo, ma Cimminiello, reagendo, riuscì a metterli in fuga. Dopo pochi giorni il 32enne trovò la morte. Stavolta nel suo negozio si presentò una persona armata, con l’intento di uccidere, e purtroppo non fallì.
Susy Cimminiello, sorella di Gianluca che da sempre si sta battendo per la legalità e contro la camorra a Napoli e provincia, ha così commentato la notizia:

“Oggi, dopo 11 anni e 8 processi noi sorridiamo, ce lo possiamo permettere.
Si, perche’ ad oggi, e soprattutto per questa sentenza che condanna persone indegne che hanno passato la loro vita a distruggere vite senza alcun pentimento, io non penso che è finita anche la loro vita perche’ è un destino che hanno voluto loro stessi mettendo al primo posto potere, ricchezza e prevaricazione e condannando me e la mia famiglia all’ergastolo del dolore.



     

    Ma il mio grazie più grande va a quell’uomo dietro di me con la mascherina nera che mi ha conosciuta 11 anni fa, mi ha visto piangere, ammalarmi, diventare mamma e donna e non è mai voluto apparire, è uno dei miei avvocati, e ci vogliamo un gran bene.
    Grazie a tutti per i messaggi pubblici e privati, ora vado ad abbracciare i miei figli”.

    cimminiello

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    “Esprimiamo la nostra gratitudine a magistratura e forze dell’ordine per il prezioso lavoro svolto in tutti questi anni, che ha portato all’arresto prima e alla condanna poi di chi si è macchiato di un efferato delitto ai danni di un giovane e onesto lavoratore. Da parte nostra siamo stati vicini ai familiari del povero Gianluca fin dall’immediatezza del fatto. Ci siamo costituiti parte civile nel processo e non li abbiamo mai lasciati soli. A loro rivolgiamo il nostro pensiero più affettuoso”.

    Così don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis della Regione Campania.


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