Traffico illecito di rifiuti dalla Campania alla Toscana, 8 indagati

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Traffico illecito di rifiuti dalla Campania alla Toscana, 8 indagati tra imprenditori e consulenti ambientali delle due regioni e cinesi

Associazione a delinquere, illecito traffico organizzato di rifiuti, illecita gestione di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali di varia natura, in alcuni casi anche pericolosi, i reati contestati a conclusione dell’attività investigativa condotta dai carabinieri del nucleo operativo ecologico di Firenze sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo fiorentino.

L’indagine condotta dai militari dell’Arma con il supporto tecnico di personale del Dipartimento Arpat di Prato, ha consentito di svelare come il sodalizio criminale avesse allestito un redditizio traffico di ingentissime quantità di rifiuti che, fittiziamente classificati come imballaggi di materiali misti, erano conferiti ad una ditta pratese dal produttore, un’azienda di Napoli, per il tramite del trasportatore, sempre di Napoli, e successivamente venivano smaltiti in impianti e discariche toscane, attestando falsamente che fossero lo scarto di un’attività di recupero rifiuti, di fatto mai effettuata.

Le intercettazioni telefoniche e telematiche carabinieri del Noe di Firenze, supportate da diverse verifiche, sequestri e acquisizioni documentali e da accertamenti tecnici condotti dal Dipartimento Arpat di Prato, hanno fatto emergere come l’impianto toscano fosse il cuore di un meccanismo ingegnoso e semplice al tempo stesso che ha consentito al sodalizio criminale di smaltire per anni in Toscana rifiuti provenienti prevalentemente dalla Campania, ma non solo, trasgredendo alle normative di settore ed eludendo il fisco, con consistenti illeciti profitti.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il modus operandi posto in essere dagli indagati consisteva nel far apparire documentalmente che l’attività svolta presso la ditta pratese fosse quella di sottoporre a recupero le diverse tipologie di rifiuti speciali in ingresso (imballaggi misti vari, ma anche materiali assorbenti, rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, materiali isolanti, guaine, scarti della lavorazione del cuoio e dell’industria tessile), avviando a smaltimento in discarica la frazione residuale. E’ stato però accertato dai militari del Noe che invece presso l’impianto non vi fosse nessuna linea di trattamento meccanico, né macchinari idonei al processo di recupero di gran parte dei rifiuti. Infatti, i titolari dell’azienda di Prato (che erano a diverso titolo anche soci/amministratori della società di Napoli), con la complicità di consulenti ambientali, imprenditori senza scrupoli nonché di alcuni dipendenti compiacenti, attestavano falsamente l’avvenuta esecuzione di operazione di recupero, limitandosi semplicemente a ricevere presso l’impianto ingenti quantitativi delle diverse tipologie di rifiuti, stoccandoli in ampi cumuli indistinti per poi miscelarli, onde farne perdere l’originaria identità e tracciabilità. Pertanto, spiegano gli inquirenti, dall’impianto di Prato uscivano rifiuti pronti per essere poi smaltiti in discarica, come se fossero il risultato di operazioni di recupero (mai eseguite), quando invece erano solamente il frutto di una mera miscelazione di diverse tipologie.

Tale illecita gestione ha assicurato al sodalizio criminale ingiusti profitti stimati, nel periodo dal 2014 al febbraio 2018, in circa 2 milioni di euro, conseguenti da abbattimento dei costi aziendali, concorrenza sleale e agevolazione per mancata applicazione della cosiddetta “ecotassa regionale” (per effetto dell’attribuzione errata del codice rifiuto e, ancora, grazie all’applicazione della più favorevole Iva al 10 per cento, anziché al 22 per cento).

    Le due aziende, quella napoletana e quella pratese, sono state colpite da un provvedimento della Direzione Distrettuale Antimafia che prevede anche sanzioni sulle quote societarie, poiché i rispettivi amministratori e soci hanno proceduto al trasporto e alla ricezione di rifiuti in quantità superiore a quella autorizzata, qualificandoli con codice rifiuto non corrispondente, al fine di destinarli in discarica per ottenere le agevolazioni e il conseguimento di illeciti profitti. Tra gli indagati figura anche un cittadino cinese, imprenditore locale, il quale si sarebbe ritagliato un posto nell’organizzazione quale “trait d’union” tra la ditta di Prato e molte aziende della manifattura tessile e il “pronto moda cinese” operanti nell’hinterland pratese, di suoi connazionali, che avevano bisogno di smaltire ingenti quantitativi di rifiuti tessili prodotti dalle ditte. Le notifiche dei provvedimenti agli indagati e agli amministratori delle due aziende sono state eseguite dai carabinieri del Noe e dei comandi provinciali di Prato, Firenze, Pisa, Napoli e Avellino.



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