Morì dopo un’operazione in una clinica di Santa Maria, per periti fu ‘negligenza’

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Per i periti ci sarebbe stata negligenza medica: questo quanto emerso ieri nel corso dell’udienza per il processo a carico di sei medici della provincia di Caserta.

Franco Lopez, Antonietta Esposito, Angelo Di Monaco, Andrea Tartaglione, Marco Maria Crescenzo Muto e Michele Scapaticci, che operarono ed ebbero in cura, nella clinica “Santa Maria della Salute Minerva” di Santa Maria Capua Vetere, Elena Trepiccione, la 69enne deceduta il 13 giugno del 2012 nella clinica Pineta Grande di Castel Volturno dove era stata trasferita d’urgenza, su insistenza dei familiari, dopo essere stata sottoposta a due interventi chirurgici presso la clinica “Minerva” di Santa Maria Capua Vetere.

I medici in primo grado sono stati assolti. Nell’udienza di ieri a rispondere alle domande della Corte sono stati i periti Pietro Tarsitano, medico legale, e il ginecologo, Antonio Chiantera. I due medici non hanno escluso la negligenza dei medici che seguirono il decorso post operatorio dei primi 2 interventi della donna.



    Nel corso del processo di primo grado il figlio della donna, Giovanni Carrillo, raccontò in aula i 48 giorni di agonia della madre, fino al decesso. “Tutto inizia quando la donna si reca dal suo ginecologo di fiducia Lopez lamentando perdite di sangue. A seguito della visita, le viene riscontrato un polipo cervicale e programmato un intervento in day hospital presso la clinica Minerva che venne effettuato il 27 aprile 2012. Mia madre – raccontò il figlio – iniziò a lamentare atroci dolori all’addome fin dalle prime ore successive all’operazione. Ci venne detto che era normale e che era normale anche quel vomito continuo. Solo dopo qualche giorno, su insistenza di mio padre, Lopez con la sua equipe decise di sottoporre mia madre ad una Tac dove evidenziarono che nel ricucire l’addome avevano agganciato l’intestino alla parete”.

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    Il 3 maggio la donna venne nuovamente operata. “I medici ci dissero che era andato tutto bene – raccontò Carrillo al giudice – e che avevano risolto il problema. In realtà mia madre continuava a peggiorare fino a quando ci dissero che era sorta una complicanza, ovvero un problema cardiaco. Poiché non ci fidavamo più di quei medici, insistemmo per portarla via, così fu trasferita in ambulanza alla clinica Pineta Grande. Lì, dopo una Tac, i medici ci dissero che il problema non era cardiaco, ma ci informarono purtroppo che mia madre versava in condizioni gravissime e che l’intestino era perforato in più punti ed in peritonite, quindi doveva essere necessariamente rioperata nuovamente quanto prima.

    Dopo 48 ore dall’intervento, apprendemmo dai medici di turno della rianimazione che mia madre, sempre in coma, aveva una infezione polmonare, infezione dovuta alla setticemia. Situazione che e’ peggiorata fino al decesso”.


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