Si tratta di Antonino Cafiero, 29 anni, figlio del fratello di Annunziata Cafiero, moglie di Nicola Esposito (detenuto al 41bis), ritenuto reggente del clan Cesarano, anche lei arrestata nell’ambito della stessa indagine. Antonino Cafiero che fino a poco fa era irreperibile, e’ accusato di estorsione con metodo mafioso dal sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta e dal procuratore aggiunto Rosa Volpe.
“Quando chi prendiamo il caffe’?”: dopo un silenzio durato per tutto il lockdown e’ tornata a presentare le sue richieste via WhatsApp nel cuore della notte, Annunziata Cafiero, moglie di Nicola Esposito, detto “o’ mostr”, quest’ultimo reggente del clan Cesarano, detenuto al 41bis, erede e braccio destro del boss Ferdinando Cesarano per il quale organizzo’ la sua celebre fuga dall’aula bunker di Salerno. Il clan Cesarano, fino al 2014, anno dell’arresto, era nelle sue mani.
Poi passo’ in quelle di Luigi Di Martino, detto “il profeta”, anch’egli arrestato di recente dai finanzieri che con gli ultimi quattro blitz hanno messo in ginocchio un pericoloso clan di camorra del Napoletano. Con quel messaggio, risalente a maggio scorso, dopo un silenzio iniziato a gennaio, la Cafiero si e’ rifatta sentire per pretendere la “sua” quota di interessi per quel prestito da 550mila euro risalente al 2011: la pandemia ha fiaccato le sue finanze, come anche quelle della sua vittima, una imprenditrice di Castellammare di Stabia che a causa di interessi usurai, pari al 120%, ha pagato alla camorra 60mila euro all’anno, solo di interessi, per ben nove anni.
L’indagine della Guardia di Finanza di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, coordinata dalla DDA di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Rosa Volpe) ha evidenziato, per la prima volta, gli effetti deleteri della pandemia da covid-19 non solo sull’imprenditoria e il commercio locale, ma anche sulle organizzazioni criminali che, incattivite per la mancanza di denaro, hanno cominciato ad essere sempre piu’ pressanti e violente con le loro vittime. Dopo tre mesi di lockdown l’usuraio non ne poteva piu’, doveva recuperare denaro, e dalle pressioni e dalle minacce e’ passato alle percosse, mandando l’imprenditrice all’ospedale con un trauma cranico. Un passo falso costato caro visto che a questo punto la vittima, consapevole di non poter piu’ pagare quella tangente dopo tre mesi di stop per il bar e il ristorante, ha deciso di rivolgersi agli investigatori facendo emergere un crimine che andava avanti da nove anni.
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