5 deputati hanno bonus Covid, e’ bufera in Parlamento

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Hanno chiesto all’Inps il bonus da 600 euro al mese per le partite Iva, ne avevano diritto nonostante lo stipendio da parlamentari di oltre 12 mila euro e l’hanno ottenuto.

Ora pero’ 5 deputati rischiano la ‘gogna’ e l’addio alla politica, o al loro partito. La bufera nel Parlamento, da poche ore chiuso per ferie, scoppia quando la direzione centrale Antifrode, anticorruzione e trasparenza dell’Inps scopre la stranezza (non c’e’ irregolarita’) e il quotidiano Repubblica la rivela. La caccia ai 5 ‘furbetti’ del Palazzo anima la giornata, specie sui social. Qui si scatena il solito mix di ironia e rabbia, che sale al grido ‘Vogliamo i nomi e le dimissioni subito!”. Nel pomeriggio le voci si concentrano su 3 partiti: i parlamentari sarebbero tre leghisti, uno del Movimento 5 stelle e uno di Italia viva. Top secret i nomi. Si parla anche di un giro di bonus percepiti da sindaci, presidenti di regione, assessori e consiglieri. In attesa che qualcuno si autodenunci, all’orizzonte non ci sono sanzioni ne’ richiami parlamentari. Dai partiti decine di commenti di condanne, nessuna conferma. Matteo Salvini e’ il piu’ netto: denuncia la richiesta come “una vergogna” e tre ore dopo gela i responsabili: “Chiunque siano, immediata sospensione”. Di certo la bomba fa rumore. E fa alzare la voce al presidente della Camera Roberto Fico che sentenzia sui social: “E’ una vergogna”, facendo appello ai 5 perche’ “chiedano scusa e restituiscano quanto percepito”. Sottolinea che e’ una questione di “dignita’ e opportunita'”, perche’, va ricordato, “in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di la’ di quelli giuridici”. In ballo infatti c’e’ l’etica e l’opportunita’ politica, non la legge. I bonus sono stati introdotti dai decreti Cura Italia e Rilancio per dare una mano a lavoratori autonomi e partite Iva a marzo e aprile, indipendentemente da quanto guadagnano o da un eventuale danno provocato dall’emergenza sanitaria. Inizialmente di 600 euro al mese, poi saliti a 1000. La richiesta andava fatta on line. Bastava il numero della partita Iva, il codice fiscale, la scelta della propria posizione ‘professionale’ e fiscale. Nessuna mail di conferma, i solidi arrivavano direttamente nel conto corrente. E la procedura andava fatta solo a marzo. Ad aprile il bonus scattava in automatico. A maggio invece e’ stato introdotto un tetto: solo per chi poteva dimostrare di aver avuto un calo del fatturato. Cosi’, tra marzo e aprile sono stati erogati quasi 6 miliardi di euro. Il mese dopo si e’ scesi a 934 milioni. Il tetto insomma ha fatto da argine alle richieste. Da qui le proteste del popolo del web. Pochi ci scherzano su (e’ il caso di un profilo Twitter che si chiama Babbo Natale e annuncia che “i 5 furbetti hanno avuto il coraggio di chiedere pure la Playstation 5”), altri sottolineano l’avidita’ dei politici e insistono sui nomi. Alcuni leggono la storia come un motivo in piu’ per votare si’ alla riforma del taglio dei parlamentari, al centro del referendum del 20 settembre. In ogni caso anche se venissero chieste ufficialmente le identita’ dei 5 parlamentari, l’Inps non e’ tenuta a rivelarle. Sono prestazioni legittime e non c’e’ alcun motivo di richiesta istituzionale che comporti un obbligo di risposta. Nel frattempo la politica condanna e chiede anche le dimissioni dei 5 onorevoli. E’ del segretario del Pd il commento piu’ telegrafico: “Posso dire che e’ una vera vergogna?”, scrive su Facebook Nicola Zingaretti.


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