La Juve processa Sarri, la sorella Ronaldo lo attacca ma non è l’unico colpevole

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La Juve processa Sarri, la sorella Ronaldo lo attacca ma non è l’unico colpevole. C’è un senso di mestizia dentro e attorno alla Juventus, battuta (meritatamente) per la seconda volta in una finale (la prima è stata con la Lazio in Supercoppa) in questa stagione, non tanto per l’amarezza della sconfitta quanto per la mancanza di prospettive che il doloroso ko dell’Olimpico ha messo in evidenza.

 

La Juventus di Maurizio Sarri non è mai nata, non c’è mai stata, nemmeno quando la squadra non doveva scrollarsi di dosso le ruggini del coronavirus. E, forse, mai ci sarà. Ma adesso è troppo comodo prendersela solo con l’allenatore, uno sport facilmente praticabile. Persino la sorella di Ronaldo, Elma, si è sentita in diritto di picchiare duro nel tentativo di difendere il fratello, tornato dal lockdown dorato di Madeira in condizioni pessime. “Cosa altro può fare? Da solo il mio tesoro non fa miracoli. Non capisco come si possa giocare così comunque… Testa alta, di più non potevi fare”. Non è proprio così, perché CR7 è lontano parente del fuoriclasse decisivo ammirato e applaudito nei mesi scorsi. E di responsabilità, ovviamente, ne ha anche lui. Come tutti. Elma se ne faccia una ragione.Comunque è vero, i bianconeri giocano male: non da ieri o da ieri l’altro. E dire che Sarri è stato chiamato a dirigere le operazioni tattiche della Continassa perché Massimiliano Allegri era bravo, vinceva, aveva il ‘phisique du role’ però non divertiva. Il suo calcio era asciutto come un cracker, non spumeggiante come quello del tecnico ex Chelsea che, ora, solleva dubbi in una parte della dirigenza, quella che è sempre stata meno propensa a mettere in atto il ribaltone. “Noi siamo abituati a risolvere le partite con le giocate individuali di giocatori che vogliono la palla sui piedi, ma i tre davanti adesso non hanno brillantezza. Il nostro problema è quello”, l’analisi dell’allenatore che, così dicendo, sminuisce però l’importanza della sua presenza. Può esiste la filosofia del ‘palla avanti che poi ci pensano loro?’. Domanda e risposta sono pleonastiche.La squadra è imballata, le stelle per il momento sono spente e magari si riaccenderanno. Una speranza più che una certezza. La sensazione è che manchi il senso di appartenenza alla Juventus, quel dna che portavano nello spogliatoio i garantisti storici. Oggi ci sono troppi stranieri e troppo pochi italiani. L’immagine di Andrea Agnelli che signorilmente premia i giocatori del Napoli è stata una lezione di stile e, insieme, la fotografia di un disagio.

Eppure anche la dirigenza non è esente da responsabilità. Rabiot e Ramsey sono parametri zero con ingaggi altissimi che non hanno fatto la differenza e sono in rampa di lancio mercato, Danilo è un onesto podista, Demiral si è spaccato, De Ligt sta uscendo alla distanza ma è stato strapagato. Insomma, troppi flop. E poi le chiacchiere mercantili durante il coronavirus hanno avuto esiti devastanti su alcuni giocatori: Pjanic su tutti, poi Higuain. Magari la situazione andava gestita meglio. Come le partite sul campo. La Juventus che in 180 minuti non fa un gol e crea una manciata di occasioni fa strabuzzare gli occhi. A chi la guarda e, probabilmente, anche a Sarri.



     


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