“Da bambino ho visto e sentito l’odore della guerra e ho sofferto anche il coprifuoco. C’era la fame, c’era il nemico, noi bambini non avevamo niente, non c’era la tv, non c’erano i telefonini, ma una noia infernale. Quindi no, oggi non è la guerra. È certamente duro, ma i bombardamenti erano un’altra cosa”. Renzo Arbore, dalle colonne del Corriere della Sera, racconta la sua quarantena a Roma dal 28 febbraio, dopo un concerto ad Assisi. Arbore sta “bene. Mi sento un po’ colpevole – dice – a vedere tutti gli ammalati di una certa età”. A lui ci pensa la sua collaboratrice domestica, Maritess che va a fare la spesa “ogni dieci giorni. Ma il segreto è – racconta – che io sono un collezionista anche di cibi, ho la passione per quelli in scatola, che compro quando vado all’estero.
E ho quattro frigoriferi con congelatore”. Cosa contengono? “Granchi, sogliole, salciccia, cose così… La mia generazione è quella che ha conosciuto la guerra. I miei genitori non buttavano via niente, me lo sono portato dietro…”. Cucina in casa? “Sono specializzato in cucina da single e da supermercato. Le so dire qual è il miglior tonno, i piselli in scatola, i ceci, il ragù…”. Arbore ha trascorso queste settimane “da collezionista di modernariato e dvd. Ho messo parecchio ordine tra le mie cianfrusaglie – dice l’artista – Il silenzio della strada mi fa svegliare tardi, alle 9-9.30. Ma sono un grande navigatore notturno del web”.
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