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I carabinieri corrotti facevano le soffiate al boss con cellulari ‘dedicati’



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Le informazioni riservate tra un maresciallo in servizio nella stazione dei carabinieri di Sant’Antimo  – uno degli otto finiti nell’inchiesta anticorruzione della DDA di Napoli – e il boss Pasquale Puca, viaggiavano su cellulari dedicati. A rivelarlo, agli inquirenti, è uno dei due collaboratori di giustizia che hanno dato un importante contributo all’inchiesta sui militari dell’arma “infedeli”. Secondo quanto riferisce il “pentito” in un interrogatorio reso il 24 luglio del 2017: “il maresciallo Martucci aveva un telefono dedicato per dare informazioni riservatissime a Puca Pasquale per il tramite di Pio Di Lorenzo (per tutti e tre il gip ha disposto una misura cautelare, ndr). In sostanza venivano utilizzati tre telefoni cellulari… il compito del maresciallo era quello di avvisare tempestivamente… Pio Di Lorenzo, il quale, a sua volta… avrebbe dovuto avvisare Pasqualino (Puca, ndr) di eventuali ordinanze applicative di misura cautelare per dargli il tempo di sottrarsi alla cattura”. La vicenda spiega il collaboratore risale al 2009: il clan era a conoscenza delle indagini dei carabinieri sull’omicidio di Francesco Verde e che Puca poteva essere arrestato.Tre degli otto carabinieri coinvolti nell’inchiesta anticorruzione della DDA di NapoliI, inoltre, avrebbero acquistato delle abitazioni, a prezzi vantaggiosi, sempre secondo il pentito a prezzi di costo o anche meno, grazie all’intervento di Puca e di un suo intermediario. Secondo gli inquirenti della Procura partenopea, l’acquisto di queste abitazioni, particolarmente vantaggioso anche secondo quanto riferito da un collaboratore di giustizia, sarebbe stato agevolato in cambio di informazioni riservate su indagini in corso e per omettere i controlli. Anomalie, inoltre, sarebbero emerse, dagli accertamenti bancari eseguiti dagli investigatori, sui conti correnti dei tre militari. Uno di loro, inoltre, ha venuto a prezzo di mercato la casa acquistata praticamente a prezzo di costo, pochi giorni dopo l’inizio della collaborazione con la Giustizia da parte di un ex affiliato al clan, Claudio Lamino, ritenuto a conoscenza degli affari del boss. Le indagini del militari della tenenza di Sant’Antimo hanno evidenziato l’intervento del boss su una delle imprese edili. Due appartamenti, infine, sarebbero stati acquistati da due militari da una ditta intestata a una persona ritenuta prestanome del capoclan.


Articolo pubblicato il giorno 28 Gennaio 2020 - 22:45

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