Ventitré tra pirati e jihadisti appartenenti all’organizzazione Al-Shaabab, sono stati raggiunti da misure preventive personali e patrimoniali in Somalia in relazione al rapimento di Silvia Romano, la cooperante italiana sequestrata il 20 novembre scorso nel villaggio di Chakama in Kenya e attualmente, secondo quanto ricostruito anche dalla Procura di Roma e dai carabinieri del Ros, tenuta prigioniera dal gruppo terrorista affiliato ad Al Qaeda. I 23 – pirati, capi locali di al Quaida e mediatori – sono sospettati di aver organizzato e gestito il sequestro della cooperante italiana. Ad autorizzare le richieste di arresto e di sequestro di beni è stato il presidente della Alta Corte del South West State, da cui dipende una sezione specializzata anti pirateria che dallo scorso mese di luglio indaga sul caso e della quale fa parte, come esperto “onorario”, anche un italiano, Mario Scaramella, da quasi dieci anni in Somalia dove insegna diritto pubblico. Sarebbe stato proprio Scaramella a proporre le misure di prevenzione sui sospetti (uno dei quali sarebbe già detenuto a Baidoa). Contattato dall’Adnkronos Scaramella, che, prima di essere nominato docente alla South West State University e membro onorario della Alta Corte ha lavorato come assistente del procuratore federale della Somalia nella repressione della pirateria, si è limitato a dire: “Bisogna astenersi da commenti e dal fornire dettagli su una vicenda in corso, indagano le procure dei paesi coinvolti che spero assicureranno alla giustizia I criminali responsabili e gli sciacalli, mediatori senza scrupoli, che hanno speculato e speculano sulla vita di una ragazzina indifesa”.
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