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Strage del bus: tutte le tappe dell’inchiesta



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I funerali delle vittime erano stati celebrati il giorno prima, e il 31 luglio 2013 la procura di Avellino emette i primi avvisi di garanzia. Sono quattro le persone accusate di omicidio colposo plurimo e disastro colposo per la morte di 40 persone che si trovavano nel bus turistico il 28 luglio 2013 a Pozzuoli. Il bus precipito’ da un’altezza di 25 metri dal viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa, dopo aver urtato una decina di veicoli e abbattuto la barriera di protezione. I primi chiamati a rispondere di quell’incidente sono il proprietario dell’agenzia ‘MondoTravel’ che noleggio’ il bus Volvo bianco, Gennaro Lametta, fratello dell’autista Ciro, deceduto nell’incidente, ma indagato comunque; con lui anche l’allora direttore del Tronco autostradale, Michele Renzi, e il geometra responsabile della manutenzione, Antonio Sorrentino. Devono nominare un legale ed eventualmente un perito che assista all’autopsia sul corpo dell’autista Ciro Lametta.

E’ il primo atto dell’indagine condotta dal procuratore Rosario Cantelmo e i pm Cecilia Annecchini e Adriano Del Bene. Tre giorni dopo l’incidente viene sequestrato anche il tratto del viadotto Acqualonga in direzione Napoli dove si e’ verificato l’incidente, e poco dopo anche la scarpata, di proprieta’ privata. Il bus e’ stato invece rimosso il giorno dopo l’incidente e affidato a un deposito giudiziario, assieme a tutti e dieci i veicoli urtati dal pullman prima di precipitare. La procura non sceglie la via dell’incidente probatorio, che avrebbe “cristallizzato” una prova, e affida una perizia a tre consulenti tecnici, gli ingegneri e docenti universitari Lorenzo Caramma, Andrea Demozzi e Alessandro Lima. A loro si aggiungera’ nei mesi successivi Vittorio Giavotto, che firmo’ la perizia sulla strage di Ustica. Il 27 agosto 2013 cominciano i rilievi dei periti, compresi quelli di parte civile e di Autostrade per l’Italia spa.

I sopralluoghi sul viadotto cominciano il 5 settembre 2013. Il giorno precedente la procura di Avellino ha disposto il sequestro dell’intero tratto sospeso. Scattano altri 3 avvisi di garanzia, che raggiungono gli ex direttori di tronco, Nicola Spadavecchia e Paolo Berti, e il coordinatore del centro servizi di Cassino, Michele Maietta. Il 21 ottobre i pm ascoltano chi era sul pullman. Il 18 gennaio 2014 si concludono tutte la fasi della perizia. IL pullman era gravemente deteriorato, ma anche la barriera era danneggiata, con i tirafondi, perni metallici per ancorare il new jersey al suolo, in alcuni punti gravemente corrosi dal sale usato per la neve d’inverno. Il viadotto viene riaperto soltanto il 16 aprile 2014, dopo essere stato riqualificato.


Il 10 giugno viene consegnata la corposa perizia della procura di Avellino. 650 pagine di relazioni tecniche e altre 1500 di allegati che comprendono anche la copia della convenzione tra Aspi e il ministero dei Trasporti per la concessione autostradale. C’e’ anche un filmato che ricostruisce la traiettoria, la sequenza di impatti, la velocita’ e tutti i dati tecnici dell’incidente. Si allunga anche l’elenco degli indagati. La procura emette altri tre avvisi di garanzia per un filone parallelo, che non viene pero’ stralciato dall’indagine principale. Gennaro Lametta riceve il secondo avviso di garanzia. Questa volta e’ accusato assieme ai funzionari della Motorizzazione Cvile di Napoli Vittorio Saulino e Antonietta Ceriola, di aver falsificato la revisione del bus precipitato. Quell’autobus avrebbe dovuto subire lavori per 18mila euro per poter stare su strada. Le intercettazioni telefoniche convincono la procura a chiedere l’arresto dei tre. Il gip il 2 luglio 2014 firma le ordinanze di custodia cautelare per Lametta, Saulino e Ceriola. Vanno agli arresti domiciliari e ci rimarranno a lungo. Un anno dopo, il 16 luglio 2015 comincia l’udienza preliminare e la lista degli imputati arriva a 15.

Tra gli indagati c’e’ anche l’amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, e i direttori di tronco di Autostrade per l’Italia, che si sono avvicendati, Nicola Spadavecchia, Paolo Berti e Michele Renzi, e i responsabili dell’Area Esercizio di Aspi Gianluca De Franceschi, Gianni Marrone e Bruno Gerardi. Questi ultimi avevano responsabilita’ nella gestione finanziaria. Michele Maietta e Antonio Sorrentino, da responsabili del posto di manutenzione del tratto autostradale, non avrebbero segnalato le carenze e le lacune nella sicurezza del percorso. A Castellucci e all’allora direttore dei servizi tecnici, poi direttore generale, Riccardo Mollo e al condirettore generale Operation e Maintenance, Giulio Massimo Fornaci, al responsabile dell’articolazione Pavimentazioni e Barriere di sicurezza, Marco Perna, viene contestato di aver omesso di provvedere alla riqualificazione dell’intero viadotto. Allo stesso tempo viene chiesta l’archiviazione per Ciro Lametta perche’ non sono emerse nelle indagini preliminari condotte colpose o dolose e non perche’ la morte e’ causa di estinzione del reato. Cantelmo cambiera’ idea nel processo, affermando che Ciro Lametta avrebbe potuto ascoltare le richieste dei passeggeri e fermarsi per tempo, invece di proseguire ostinatamente. L’udienza pero’ viene sospesa e rinviata al 26 settembre successivo. Aspi ha avviato le trattative per risarcire i familiari delle vittime e i sopravvissuti. Tutti accettano le proposte risarcitorie e rinunciano a costituirsi parte civile. Ad eccezione della moglie di Ciro Lametta, unica parte civile ancora presente nel processo. Ritiene che suo marito sia anche vittima delle inadempienze di Aspi, oltre che di quelle del cognato Gennaro. L’ordinanza di rinvio a giudizio viene emessa dal gup Gianfranco Fiore il 9 maggio e la prima udienza e’ fissata il 28 settembre 2016.


Articolo pubblicato il giorno 31 Dicembre 2018 - 10:20

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